Desio, 17 novembre 2011 - «Per noi era il Berlusconi di Ravanusa...». Così lo definisce Armando Savarino, navigato sindaco di Ravanusa ed ex direttore dell’Asl di Agrigento, qualche mese fa sospesosi dall’Udc in seguito a guai con la giustizia per concorsi pilotati.

Una definizione che ben sintetizza la poliedrica ed eccentrica figura di Paolo Vivacqua, anche lui amante del lusso, della bella vita, delle donne, del calcio, delle barzellette. Dello stare sempre al centro dell’attenzione e con il portafoglio sempre aperto, per aiutare chiunque avesse bisogno. Anche lui imprenditore che, partito dal nulla, ha accumulato un tesoretto. Un personaggio a cui piaceva essere un numero uno, insomma, sempre fatte le debite proporzioni.

«Qui tutti lo vedevano in questo modo - racconta il primo cittadino del Comune della provincia agrigentina -, siamo solo 12 mila abitanti e ci conosciamo un po’ tutti: io ci avrò parlato quattro o cinque volte. È partito dalla povertà ed è diventato ricco, in un ambiente ambiguo e complicato come quello della zona di Milano, non vorrei che proprio la fortuna accumulata, e lo sfoggio della stessa, gli sia costata questa drammatica fine. Qui abbiamo la sensazione che possa aver pestato i piedi a qualcuno, che possa aver dato fastidio. È difficile giudicare da mille chilometri di distanza, ma di certo posso dire che qui non aveva mai frequentato personaggi strani, veniva a visitare le sorelle, a vedere amici d’infanzia o a trovare il padre, che non stava bene, tanto che la scorsa estate è morto».

 

Proprio dal padre aveva imparato il mestiere che l’ha reso così danaroso: «Il padre lo conoscevo bene - spiega il sindaco -, aveva cominciato come fanno i rottamai qui, si era preso un camion al meridione, cercava ferri vecchi e li rivendeva, trasportava anche concimi e altri materiali. Il figlio lo aiutava, ha fatto anche il muratore e il carrozziere, poi è andato su e ha proseguito su quella strada».

Trovando un terreno molto fertile, grazie anche alla sua esuberanza, che l’ha portato a sgomitare, a ritagliarsi spazi importanti in un settore così delicato, e in una città dove la schiera di rottamai è da record, poi a diversificare le attività, interessandosi di case, terreni, automezzi. Di tutto quanto, cioè, potesse rivelarsi redditizio. E i soldi accumulati non li ha mai tenuti chiusi in «cassaforte» e basta: «Qui dava una mano a tutti - prosegue il sindaco - famigliari, amici, conoscenti, ma non solo: ad esempio aveva acquistato un organo per una chiesa e una vetrata decorata per un’altra. Poi un giorno è venuto da me per parlarmi del cimitero, della statua che gli sarebbe piaciuto mettere e via dicendo: gli abbiamo dato il via libera, ovviamente, vista la situazione disastrata nel nostro bilancio non saremmo certo stati in grado di fare quanto ha fatto lui, avrà speso almeno 10 mila euro».

E proprio in quel cimitero, con tutta probabilità, verrà seppellito. Una spinta di generosità, abbinata allo sfoggio di ricchezza, che il sindaco definisce «quasi eccessiva». Un esibizionismo che non poteva passare inosservato in una realtà povera, dove tante famiglie «campano» a stento, «qui infatti in questi giorni non si parla d’altro», dice il primo cittadino. «Veniva per tutte le vacanze - spiega un ravanusano che lavora in Comune -, si capiva subito che era una persona ricca, perchè se arrivi qui con il Bmw, fai grandi cenoni e ti comporti in un certo modo è chiaro che non hai i problemi che abbiamo in tanti da queste parti. E comunque era una persona molto generosa, ha fatto ben più donazioni di quelle note».

Quando arrivava, in paese, era una festa. Pare che in certi casi sparassero anche i fuochi artificiali. Di certo, a volte, li pagava lui, per la festa patronale. E la sua non era una beneficenza solo «locale»: nel 2010, ad esempio, attraverso la chiesa, donò un carico di moto 125 a un villaggio del Camerun, utili per portare i bambini fino alla scuola, evitando svariati chilometri di fatiche a piedi, oppure i fedeli alla messa della domenica.