{{IMG_SX}} Monza, 25 marzo 2010 - In un messaggio su Facebook aveva svelato un’imperfezione fisica della ragazza con cui aveva troncato una relazione sentimentale, oltre ad alcune sue preferenze in tema di uomini e abitudini sessuali.

 

La giovane, brianzola, ha trascinato l’ex davanti al Tribunale civile di Monza, che l’ha condannato al risarcimento del danno morale di 15mila euro, oltre agli interessi e alle spese di giudizio, per averle leso "la reputazione, l’onore e il decoro". Questa la sentenza, la prima in Italia sul social network che permette di scambiarsi messaggi e foto via internet, firmata dal giudice monzese Piero Calabrò.

 

I due ragazzi si erano conosciuti proprio su Facebook e avevano avuto una relazione sentimentale che sembra lui avesse troncato. Nell’ottobre 2008 sul profilo di un comune "amico" era apparsa una foto che ritraeva la coppia e all’inserimento di un commento nella chat da parte della ragazza, l’ex aveva risposto col messaggio tutt’altro che galante, che stigmatizzava la lieve imperfezione alla vista della giovane e faceva commenti sul tipo di uomo per lei ideale e sulle sue abitudini sessuali. La ragazza si è quindi rivolta a uno studio legale di Meda per intentare la causa civile e ottenere il risarcimento dei danni morali.

 

"Facebook include servizi tra i quali la possibilità per gli utenti di ricevere ed inviare messaggi, privati e pubblici e di scrivere sulla bacheca di altri utenti e consente di impostare l’accesso ai vari contenuti del proprio profilo attraverso una serie di livelli via via più ristretti. Quindi agendo opportunamente sul livello e sulle impostazioni del proprio profilo è possibile limitare l’accesso e la diffusione dei propri contenuti - scrive il giudice Piero Calabrò nella motivazione della sentenza -.

 

È peraltro nota agli utenti di Facebook l’eventualità che altri possano in qualche modo individuare e riconoscere le informazioni lasciate dagli utenti anche a prescindere dal loro consenso, sottraendo di fatto questo materiale dalla disponibilità dell’autore, anche nel caso di una sua eventuale cancellazione dal social network, i cui gestori declinano ogni responsabilità".

 

Secondo il giudice, nel caso in esame era provato il carattere pubblico delle offese arrecate alla ragazza e quindi la responsabilità civile di chi le ha lanciate in Rete (il giovane si difendeva sostenendo di non esserne l’autore, ma non ha dimostrato alcun furto di identità su Facebook) con la conseguente condanna al risarcimento del danno morale per il "turbamento dello stato d’animo della vittima".