di Marco Dozio

Mezzago, 18 gennaio 2013 - Un'assemblea surriscaldata, dove si mescolano rabbia, consolazione e disperazione. Due ore di confronto serrato, poi i lavoratori votano a maggioranza per il via libera all’accordo. Consapevoli che nessuno potrà evitare la chiusura della loro fabbrica, lo stabilimento modello della Henkel, quello che non conosceva cassa integrazione, quello premiato come miglior sito europeo del Gruppo, quello che nell’ultimo anno ha generato un guadagno del 3%, quello che fino a due mesi fa ricorreva all’assunzione di interinali per far fronte agli ordinativi.

Ieri pomeriggio, dopo settimane di proteste e trattative, le tute blu hanno dato il proprio assenso all’intesa che i sindacati definiscono «dignitosa». E che prevede un anno di cassa a partire dal primo luglio, un indennizzo economico «soddisfacente», un percorso di formazione pagato dall’azienda e il ricollocamento di 11 dipendenti nelle altre filiali lombarde di Casarile, Zingonia e Lomazzo. Con la possibilità, durante il periodo coperto dagli ammortizzatori, di attivare nuove riassunzioni per sostituire i colleghi vicini alla pensione. Ma il bilancio complessivo resta drammatico.

Perderanno il posto di lavoro 64 persone su 75, con la multinazionale tedesca che ha confermato la serrata irrevocabile programmata per il 30 giugno. Mancano cinque mesi. Poi in via Roma non resterà più nessuno, se non alcuni addetti al magazzino e alla manutenzione che sbrigheranno le ultime pratiche in poche settimane. «Abbiamo fatto il possibile in un contesto davvero complicato - spiega Eliana Schiadà della Filctem Cgil che ha seguito la vertenza insieme a Davide Martorelli della Femca Cisl -. Non possiamo dirci soddisfatti: lo stabilimento chiuderà e sul punto Henkel è stata irremovibile. Tutto sommato l’accordo a nostro avviso è dignitoso, abbiamo il mandato dei lavoratori per firmare». L’ultimo atto è calendarizzato per il 4 febbraio in Assolombarda dove avverrà la firma tra le parti, ma sarà poco più che una formalità. La sostanza è già stata discussa e approvata ieri.
 

La multinazionale tedesca dunque abbandona Mezzago per mettere radici nei cosiddetti «Paesi emergenti», come Romania e Turchia, dove il costo del lavoro è sensibilmente più basso. «Solo due nostri colleghi potranno raggiungere l’età della pensione in queste condizioni. È un dramma. L’anno prossimo alla fine della cassa avrò 50 anni: mi resteranno poi due anni di mobilità. Sono un lavoratore monoreddito con due figli adolescenti a carico, devo cercare di stare sereno», dice Antonio Pulimeno, delegato Rsu. In Italia il Gruppo Henkel conta ancora un migliaio di dipendenti negli 8 siti sparsi per lo stivale. Saranno 7 tra pochi mesi.