{{IMG_SX}}Monza, 12 giugno 2009 - I brianzoli, e i lombardi, affogano i dispiaceri della crisi nei "piaceri" della cucina nostrana.

 

L’ufficio studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza è infatti andato a curiosare sulle tavole e nelle dispense dei lombardi (l’indagine “la Lombardia e il consumo dei prodotti tipici” ha coinvolto 600 persone).

 

E sorpresa, si è scoperto che con la crisi aumenta il consumo dei prodotti tipici, anche se questi costano "un po’ di più". Strano, ma è così.

 

Ma con la crisi non bisognerebbe stare più attenti ai prezzi? "Fra le motivazioni che possono indurre ad aumentare il consumo dei prodotti tipici c’è quella che attraverso questa scelta si possano aiutare le attività e l’economia del territorio, senza considerare la genuinità e la tracciabilità di questi cibi", spiega il segretario generale della Camera di Commercio, Renato Mattioni.

 

Vini dell’Oltrepò e della Valtellina, taleggio, gorgonzola, bresaola e polenta: i lombardi hanno aumentato mediamente del 4 per cento (per un valore di 55 milioni di euro) il loro consumo.

 

Complessivamente in Lombardia si spendono 1,4 miliardi di euro all’anno in prodotti tipici: la scelta cade prevalentemente sui formaggi (oltre 783 milioni di euro) e i salumi (più di 498 milioni di euro).

 

"Il 35,3 per cento dei lombardi consuma ogni giorno i prodotti tipici locali e la percentuale sale al 38,8 per cento per chi li mette in tavola almeno una volta alla settimana. Anche se un lombardo su quattro ritiene il loro costo superiore agli altri prodotti, il 38,4 per cento ne premia la genuinità", spiega Renato Mattioni.

 

Tre monzesi su 10 consumano almeno un prodotto tipico tutti i giorni mentre il 47,3 per cento lo fa una volta alla settimana. Dieci brianzoli su 100 mangiano cibi lombardi 2 volte al mese e solo il 7,5 per cento una volta al mese.

 

Bresaola, gorgonzola e taleggio sono i prodotti tipici più consumati dai lombardi. A Monza la preferenze vanno alla bresaola. L’insaccato valtellinese è quello maggiormente consumato dai brianzoli.

 

Alle spalle di questo salume si piazza il gorgonzola con il 23,7 per cento seguito da un altro formaggio, il taleggio (12,9 per cento). Solo un brianzolo su 10 acquista in prevalenza la polenta e il 7,5 per cento compra i vini dell’Oltrepò e l’1,1 per cento quelli della Valtellina.

 

Il 46,4 per cento dei lombardi non acquista invece prodotti enoganostronomici stranieri, ma la percentuale dei meno esterofili sale al 66,7 per cento a Lecco e al 60 Pavia.

 

La Brianza è in linea con la media regionale: il 45,2 per cento non acquista o consuma cibi stranieri. Fra chi invece lo fa il 20,4 per cento si fida dei prodotti del commercio equo e solidale, il 9,7 per cento ama la cucina giapponese, il 2,2 quella araba e l’1,1 per cento quella cinese.

 

Camera di commercio ha poi sottoposto 7 prodotti del territorio "all’esame notorietà". Il salame della Brianza è il prodotto tipico più conosciuto (una persona su due) in Lombardia e lo è, ci mancherebbe altro, anche in Brianza (40,9 per cento).

 

Al secondo posto della hit-parade di più conosciuti si piazza il caprino di Montevecchia: 29 pe cento in Brianza e 19,5 per cento in Lombardia. In Brianza (un po’ meno in Lombardia) sono note anche la patata di Oreno 12,9 per cento e l’asparago di Mezzago 11,8 per cento.

 

"La Brianza - ha detto Luigi Nardi, vicepresidente della Camera di commercio di Monza e Brianza – ha un ricco patrimonio enogastronomico. Come Camera di commercio abbiamo scelto di intraprendere dei percorsi di valorizzazione delle eccellenze locali.

 

Abbiamo già attributo il Made in Brianza alla patata di Oreno e l’asparago rosa di Mezzago. Vogliamo continuare in questa direzione, promuovendo le qualità e le eccellenze della Brianza in uno spirito di fattiva collaborazione con tutti i soggetti che operano per lo sviluppo del territorio".

 

"In Brianza il gusto per una buona alimentazione - ha spiegato Enrico Origgi, membro di giunta della Camera di commercio di Monza e Brianza – è diventata impresa diffusa, dando i natali ad alcuni grandi marchi, noti a livello internazionale, e al contempo mantenendo le tradizioni con alcune produzioni locali valorizzate dagli esercizi commerciali presenti sul territorio".