Monza Calcio, Colombo: "Berlusconi, Galliani, il fondo americano: ecco la verità"

Il presidente uscente racconta l'incredibile trattativa per la cessione del club

Felice Colombo, Adriano Galliani e Nicola Colombo al Brianteo

Felice Colombo, Adriano Galliani e Nicola Colombo al Brianteo

Monza, 27 settembre 2018 – Quel 31 agosto probabilmente lo ricorderà a lungo. “Erano le nove del mattino, ero nel mio ufficio (alla Cogefin di Bellusco, ndr) e squillò il telefonino: era Adriano Galliani. Mi disse: 'Sei comodo? Hai una sedia? Silvio Berlusconi sarebbe interessato a comprare il Monza'”.

E lei?

“Cercai di mascherare l’emozione e risposi: 'Beh, possiamo parlarne...'” .

Nicola Colombo racconta così come cominciò la trattativa più incredibile della sua vita. Silvio Berlusconi, attraverso la Fininvest, comprerà il “suo” Monza. Il closing è fissato per domattina all’Assolombarda. Le quote sono state stabilite: Berlusconi prenderà il 100%. Definito anche il prezzo: fra i 2 milioni e mezzo di euro e i 3. “Più la prima cifra, c’è da considerare anche anche il passivo dell’ultimo bilancio, 1 milione e 280mila euro di debiti”.

Gli avvocati Fininvest son già venuti più volte a Monzello, hanno visionato i bilanci, ma di scritto non c’è nulla. “La cosa incredibile di questa trattativa è che non è mai stato scritto nulla nero su bianco. Si basa tutto sulla parola, sulla stretta di mano”.

E Berlusconi?

“All’inizio l’idea della sua famiglia era di fargli un regalo di compleanno tenendolo all’oscuro fino all’ultimo, ma poi non era possibile e glielo hanno detto. Non ci siamo mai visti di persona, ma il 12 settembre scorso, appena informato, ha voluto parlare con me”.

Racconti.

“Mi telefonò Galliani e mi disse: 'Il presidente vuole parlarle'”.

E cosa le disse?

“Esordì così: 'Sembra che mi vogliano rifilare un’altra bella gatta da pelare...' Poi mi ha spiegato: 'Lo faccio perché sono nauseato da come è diventato il calcio italiano, è pieno di stranieri, se non siamo andati ai Mondiali è anche per quello... io invece vorrei una squadra, il Monza, fatto da ragazzi italiani, giovani, serbatoio per tutte le Nazionali'. Al termine della conversazione, mi ha detto: 'Consideri questa telefonata come una stretta di mano'”.

E dà lì la trattativa è partita. Come un treno

“Dopo poche ore, alle 14 di quel 31 agosto, Galliani mi ha richiamato. Quel giorno si chiudeva il calciomercato e Adriano mi disse: 'Siete a posto? Hai bisogno di qualcuno da comprare?”. Insomma, dopo quattro ore eran già sicuri che la trattativa sarebbe andata in porto'”.

Lei rimarrà in società sino a fine stagione.

“Questo progetto lo sento ancora mio, avevo costruito una squadra che potesse puntare alla promozione in B. Mi hanno offerto di rimanere come presidente fino al 30 giugno e per me è particolarmente significativo, proprio perché non avrò quote nella nuova società. Evidentemente, hanno apprezzato il mio progetto. Cosa farò? Sono un appassionato di calcio e sono pronto a lavorare gratuitamente per il Monza. E anche se non avrò potere decisionale potrò dare il mio contributo”.

Sicuro?

“Non intendo dar fastidio, ma non mi limiterò a fare da tappezzeria... terrò il mio ufficio al Monzello e, se le cose dovessero andar bene e me lo chiedessero, sono pronto a restare anche nei prossimi anni, magari con un ruolo più defilato, come consigliere”.

Se non l’avesse chiamata Berlusconi, avrebbe venduto a qualcun altro?

“L’impegno economico era davvero gravoso. Quando tre anni fa venni a Monza e lo acquistai dopo il suo fallimento, ero mosso soprattutto da affetto per questo territorio. Non lo facevo per guadagnare soldi. Comprai il Monza per 50mila euro, dovetti mettercene subito altri 300mila a fondo perduto per fare la squadra e affrontare il campionato di serie D. Pensavo di coinvolgere in questa avventura qualche altro imprenditore, che invece si tirò indietro lasciandomi solo”.

Difficile investire nello sport in Brianza?

“Non lo sa nessuno perché quasi nessuno lo fa...”.

Perché meditava di andarsene?

“Per lo stadio. Feci una leggerezza quando presi il Monza, impulsivamente non valutai che il problema dello stadio era più grosso di quanto immaginassi”.

Inaugurato a fine anni Novanta, è oggi obsoleto. E in gran parte inagibile.

“Per sistemarlo servivano troppi soldi. Secondo i nostri progetti, da realizzare in più fasi, servirebbero subito 7-8 milioni di euro per partire. E in prospettiva si può arrivare a 20-25 milioni per farne uno stadio davvero moderno, polifunzionale, aperto tutto l’anno, con negozi e centri commerciali. Insomma, dimensioni troppo importanti...”.

Ha trattato con altri, un fondo americano?

“Sì, di recente ci siamo sentiti per almeno un mese, erano interessati soprattutto alla questione stadio”.

Erano gli unici possibili acquirenti?

“No, ho avuto contatti con altri due o tre imprenditori. Rimanevano però troppe perplessità, e poi non volevo ancora vendere. La mia idea era di raggiungere la serie B e lì guardarmi attorno per trovare un acquirente”.

E invece ecco Berlusconi...

“E, ancora una volta per un atto di affetto verso questo territorio, mi sono detto che non potevo lasciarmi sfuggire questa occasione”.

Colombo estrae il telefonino.

“Guardi, le mostro un messaggio che tengo ancora un memoria sul telefonino... avevamo appena vinto il campionato di serie D, eravamo stati promossi, e Galliani mi mandò le sue congratulazioni”.

Soddisfatto?

“Galliani ha sempre avuto il Monza nel cuore, anche quando ancora era al Milan. Mi ha confidato che l’anno scorso ha visto tutte le nostre partite di serie C: non allo stadio, è ovvio, ma si era fatto l’abbonamento a ElevenSports che trasmette la serie C... Ecco, la cosa che mi conforta è la convinzione di aver ceduto questa squadra a qualcuno di cui ci si poteva fidare, con un progetto importante, anche per lo stadio. So a chi lascio e credo che ne verranno benefici sia sociali che economici per il territorio. In fondo, quando sono arrivato mi sono ritrovato a costruire tutto da zero. Abbiamo lavorato su tutti i fronti, anche sul lato sociale ed educativo per coinvolgere i ragazzi delle scuole, abbiamo seminato”.

Momenti bui e di sconforto in questi anni?

“Non sempre è stato facile. Il primo anno di D fu il più duro: ci trovammo a fare la squadra in pochi giorni e di sicuro facemmo qualche errore... I risultati furono deludenti”.

Il momento peggiore?

“Dopo la sconfitta interna col Ciliverghe dovetti lasciare lo stadio scortato dai carabinieri. Ci contestavano anche prima di scendere in campo. Tornato da solo dalla trasferta con la Varesina mi ritrovai circondato dagli ultras al Monzello: provai a parlarci, ma quando arrivò il pullman della squadra, lo accolsero con lanci di pietre e bottiglie. Questo mi diede molto fastidio, meditai di mollare tutto...”.

E invece?

“Non me la sentivo di gettare la spugna”.

Suo padre, Felice Colombo, presidente del Milan dello scudetto della Stella nel 1979, è stato importante? Lui e Galliani si conoscevano bene...

“Mi ha sempre supportato e sono fiero di averlo convinto a tornare allo stadio dopo oltre trent’anni... Dopo lo scandalo del Calcioscommesse e la retrocessione del suo Milan non ci era più andato”.

Ci si avvia ora all’ultimo atto della sua società.

“Spero di aver dato lustro a questa squadra, investire nello sport richiede spirito da mecenati, come famiglia potevamo permettercelo, anche per restituire qualcosa a questo territorio, ma non si sarebbe riusciti ad andare avanti ancora a lungo”.

Quanto guadagnerà, dal punto di vista economico, in questa trattativa?

“Vado a malapena in pari con quanto ho investito in questi anni. Soprattutto in serie C. La nostra holding ha in gran parte sponsorizzato questa squadra con le sue società, anche se nell’ultimo anno siamo riusciti a trovare altri sponsor che pareggiassero quanto investito da noi”.

Come presidente, Nicola Colombo ha mai influito nelle scelte dei suoi allenatori?

“Mai, ho sempre rispettato la differenza di ruoli”.

E ora che arriva Berlusconi?

Nicola Colombo si allunga sulla sedia. E sorride.