"Mio papà Ermanno e il set galeotto a Meda"

Betta Olmi per la prima volta nei luoghi scelti per le riprese de “Il posto“: qui i miei genitori si sono conosciuti, qui è nato tutto

Ermanno Olmi

Ermanno Olmi

Meda (Monza Brianza) - "Papà amava i bambini e i giovani. E oggi sarebbe felice di sapere che il Comune di Meda gli ha dedicato un parco". Betta è la figlia di Ermanno Olmi, regista "per amore e non per professione". Il ’ragazzo della Bovisa’ a cui Milano ha voluto intitolare l’istituto Maffucci, la scuola che aveva frequentato da bambino. Lui che è stato "allievo per tutta la vita". Lui che a Meda ha lasciato un ricordo indelebile. Meda non è un posto qualunque. È ’Il posto’. Come il titolo del film che il regista bergamasco girò in città esattamente 60 anni fa e che gli valse il David di Donatello (alla miglior regia). Una pellicola inserita tra i 100 film di tutti i tempi da salvare. Ma "Meda non è stata soltanto un set, è anche il luogo che ha fatto conoscere i miei genitori". Loredana Detto - allora quindicenne, fu la Antonietta ’Magalì’ protagonista femminile de ’Il posto’ - sarebbe poi diventata la moglie di Olmi: "A casa abbiamo ancora le strisce di pellicola dei provini e c’è la foto di mia mamma cerchiata a matita", racconta Betta. Ecco perché "l’intitolazione del parco a Ermanno, in realtà è una dedica a tutta la nostra famiglia". Ha mai avuto occasione di visitare di persona i luoghi delle riprese? "A Meda non ci sono mai stata. Domenica sarà la mia prima volta. E sarà un onore e una grande emozione a maggior ragione visto che il 24 luglio Ermanno avrebbe compiuto 90 anni. Il film? Ricordo che quando l’ho visto non riuscivo a capire come mai la mamma si tenesse per mano con un uomo che non era papà". Anche se, in fondo, è un film in cui c’è tanto di suo padre... "In effetti lì ha un po’ raccontato se stesso. Quella storia è stata anche la sua storia". Cosa le ha raccontato suo padre Ermanno de ’Il posto’? "Proprio nelle scene girate a Meda raccontava che si sentono le ultime risonanze del suono delle campane. Nella comunità il suono delle campane era un modo per comunicare non soltanto l’ora o l’inizio della messa, ma segnava anche le feste, le morti e il tempo se arrivava la tempesta. Mia mamma, io e i miei fratelli ci auguriamo che il parco di Meda diventi un luogo accogliente e sereno in cui i bambini di tutte le razze possano sentire ancora risuonare le campane". In questo film suo padre ha saputo cogliere il boom economico nella Milano degli anni Sessanta, storie di umiltà piccolo-borghese. La cascina dove viveva il protagonista Domenico era diventata un dormitorio per chi andava a lavorare non più nei campi, ma nelle fabbriche della città... "Lui era sempre dieci passi più avanti. In tutti i suoi lavori ci sono temi che oggi rivediamo attuali: con ’L’albero degli zoccoli’ valorizzava la cultura contadina, e oggi si punta sul biologico e il chilometro zero. ’Il pianeta che ci ospita’ è un inno alla natura, per ricordare il debito che gli esseri umani hanno nei confronti della Terra. E sappiamo bene quanto in questi ultimi anni ci si stia battendo per salvare il nostro pianeta. ’Il villaggio di cartone’ è un manifesto alla fratellanza e all’accoglienza. Mentre in ’Centochiodi’ se la prende con la cultura che resta inchiodata dov’è e non evolve". Un impegno che ha ’ereditato’ oggi portando avanti Ipotesi Cinema, il luogo di incontro per ragazzi che volevano fare cinema creato da suo padre all’inizio degli anni Ottanta diventato ora casa di produzione? "Sì... sono insegnamenti che abbiamo vissuto. Pensi che ogni volta che ci siedevamo a tavola iniziava il suo sermone. Alla fine, piegava il tovagliolo con la stessa ritualità del prete dopo l’eucaristia. E noi dicevamo affettuosamente: ’Ecco, è finita la messa’".