Mercatone Uno, cassa integrazione 'misera': dipendenti pronti a fare causa

Chiesti anche interventi concreti per il sostegno al reddito

Lavoratori in presidio davanti al Mercatone Uno di Cesano Maderno

Lavoratori in presidio davanti al Mercatone Uno di Cesano Maderno

Cesano Maderno (Monza Brianza), 21 giugno 2019 - Dopo la firma dell’accordo al Mise sulla cassa integrazione, i rappresentanti dei lavoratori Mercatone Uno chiedono interventi concreti per il sostegno al reddito e anticipano l’intenzione di ricorrere alle vie legali per ottenere il riconoscimento delle condizioni di pre-cessione alla Shernon Holding, la società che li ha portati al fallimento in 8 mesi. 

Nervosismo e delusione tra i lavoratori della catena di vendita di mobili ed elettrodomestici, con 7 punti vendita in Lombardia, il più grosso dei quali a Cesano Maderno. «Noi sosteniamo che le condizioni debbano essere quelle ex ante la cessione a Shernon poiché gli impegni assunti dall’azienda e garantiti dal Mise non sono stati mantenuti (garanzie occupazionali per 2 anni, piano industriale e pagamento rate) - spiegano Matteo Moretti e Marianna Iurato della Cgil -. Di fronte alla grosse divergenze, alla fine è stato sottoscritto il verbale di esperita procedura della cessione ex art.47, ovvero un mancato accordo». «Il Ministero, presente al tavolo con solo un sottosegretario, avrebbe dovuto individuare e indirizzare le parti ad una assunzione di responsabilità politica che vedesse il riconoscimento delle condizioni contrattuali dei lavoratori precedenti la cessione per ragioni di equità e giustizia e di restituzione del maltolto», concludono i sindacalisti. 

«La difesa dei lavoratori della Mercatone Uno è solo all’inizio e necessita già di qualche correzione e integrazione», commentano Gigi Ponti e Samuele Astuti, consiglieri regionali del Pd. «La cassa integrazione non può essere parametrata sul part time che i lavoratori hanno accettato in cambio degli impegni della proprietà, tutti disattesi, a mantenere il posto di lavoro e a rilanciare l’azienda. È una decisione che spetta al Ministero dello Sviluppo economico e che ci attendiamo venga presa».