Candy, la lavatrice nata in riva al Lambro ora è cinese

La famiglia Fumagalli ha venduto l’azienda di elettrodomestici al colosso Haier per 475 milioni di euro

Lavatrice Candy in uno stabilimento

Lavatrice Candy in uno stabilimento

Brugherio (Monza Biranza), 29 settembre 2018 - Nata sulle rive del Lambro, la lavatrice Candy, dopo 73 anni di storia, diventa cinese. Ieri infatti la famiglia Fumagalli, storica proprietaria del marchio brianzolo leader nel mondo degli elettrodomestici, ha venduto il 100 per cento dell’azienda ad Haier, il brand di elettrodomestici più venduto al mondo (oltre 30 miliardi di euro di fatturato nel 2017).

«Haier e la famiglia Fumagalli annunciano oggi di aver firmato un accordo relativo alla combinazione delle attività di Haier e Candy. Secondo l’accordo, Haier investirà 475 milioni di euro per accelerare ulteriormente la propria crescita nel mercato europeo», recitano le prime righe di un comunicato diffuso ieri in tarda mattinata. Tradotto: Haier ha comperato Candy per 475 milioni. Una storia, quella di Candy, cominciata negli anni 20 in una piccola officina meccanica sul Lambro mandata avanti da Eden Fumagalli. Un’attività come tante. Un cognome come tanti, in Brianza. Con un destino però diverso. E come molte storie di successo, anche quella della Candy, comincia da un evento negativo. La Seconda Guerra Mondiale che blocca l’attività. Enzo (figlio di Eden), partito per il fronte, viene catturato dagli americani. Ma nel ’45, una volta liberato dalla prigionia negli Usa, gira nelle case statunitensi e vede per la prima volta una lavabiancheria. È un colpo di fulmine. Ne intuisce il potenziale anche per il mercato italiano. Spedisce i primi schizzi a Eden e ai sui figli Peppino e Niso in Italia (leggenda narra che i primi disegni di massima della lavatrice fossero tracciati sulla sabbia del pavimento dell’officina). Così, un anno dopo, nel 1946 la prima lavatrice interamente made in Italia, il “Modello 50” veniva presentata alla Fiera campionaria di Milano con il marchio Candy (nome esotico mutuato da una canzone americana di moda nel primo dopoguerra). Un bidone di latta con un paio di bottoni (più simile a uno scaldabagno che a una lavatrice moderna) che a guardarla oggi fa quasi tenerezza. Ma proprio da quel “bidone” nascerà un impero.

A guidare lo sviluppo industriale della Candy saranno i figli di Eden: Niso, Enzo e Peppino (scomparso tre anni fa). Al timone dell’azienda negli ultimi anni sono stati invece Aldo e Beppe Fumagalli, figli di Peppino. Un gruppo segnato da una crescita esponenziale dagli anni ’60 fino agli anni ’80 con nuovi stabilimenti e acquisizioni di marchi. Un brand protagonista anche nel mondo dello sport. La scritta Candy ha fatto bella mostra sulle maglie del Liverpool fra il 1988 e il 1992 mentre fra il 1979 e il 1981 è stata sponsor della Tirrell e della Toleman in Formula 1. Solo fino a 20 anni fa il gruppo Candy contava 2.000 operai nei suoi stabilimenti italiani. Tutti situati in Lombardia nell’arco di poche decine di chilometri: la Zerowatt di Alzano Lombardo (Bergamo), la Gasfire di Erba (Lecco), la Donora di Cortenuova (Bergamo), la Bessel di Santa Maria Hoè (Lecco) oltre allo stabilimento di Brugherio, l’unico rimasto ancora in Italia, dove lavorano circa 500 operai e quasi altrettanti impiegati. Ma mentre si dismetteva in Italia, Candy non smetteva di aprire stabilimenti nell’est Europeo e acquistare aziende: dalla russa Vyatka alla turca Süsler per finire con la cinese Jinling. Una crescita che ha segnato il passo a partire dal 2008. Ma negli ultimi anni il Gruppo Candy si è rilanciato soprattutto grazie allo sviluppo degli elettrodomestici intelligenti. Il fatturato è cresciuto del 14 per cento nel 2017 (1,148 miliardi di euro di ricavi). Candy ha circa 5.000 dipendenti nel mondo e sette stabilimenti produttivi tra Europa, Turchia e Cina. Oltre a Hoover, possiede i marchi Iberna (Spagna), Jinling (Cina) Rosières (Francia), Süsler (Turchia), Vyatka (Russia), Zerowatt, Gasfire e Baumatic.