In Villa Reale le cento facce della musica italiana firmate da Gastel

In mostra le foto scattate per la rivista Rolling Stone

Pino Daniele visto da Giovanni Gastel

Pino Daniele visto da Giovanni Gastel

Monza, 23 aprile 2016 -  «Pino Daniele è stato un grande. Ha salutato allargando le mani e dicendo: devo andare. Al momento mi è sembrata una bellissima fotografia, poi pochi mesi dopo è morto. È una cosa che ancora mi turba...». È un puzzle di storie la mostra inaugurata ieri al secondo piano della Villa Reale di Monza. Protagoniste «Le 100 facce della musica italiana», immortalate per la rivista Rolling Stone da Giovanni Gastel, uno dei fotografi italiani più noti nel mondo. Nella mostra, curata da Denis Curti, cento scatti che vanno dalla A di Alessandra Amoroso alla Z di Zucchero, passando per Vasco e Paolo Conte, Ligabue e Francesco De Gregori, autori come Mogol, cantautori come Francesco Guccini, rapper come Emis Killa e dj come Claudio Cecchetto. Cento volti per almeno altrettanti aneddoti, perché ogni protagonista della musica italiana entrato nello studio fotografico del nipote di Luchino Visconti ha portato un pezzo della sua vita. Come Omar Pedrini. «A un certo punto mi ha chiesto una foto del suo ultimo tatuaggio. Si è tolto la maglietta davanti a me. Il tatuaggio consisteva in una terribile cicatrice che andava dal collo all’ombelico, segno di un intervento a cuore aperto fatto solo qualche mese prima. Lui si è aperto con il suo dolore, ed è stato un momento di grande commozione». L’idea di fotografare un’icona come Francesco De Gregori l’aveva messo un po’ in soggezione, confessa Gastel.

«Ma poi ho aperto la porta ed è entrato un amico perché come tutti i grandi artisti, lui non ha diaframmi. Mogol invece ha fatto la foto e poi è andato nella mia biblioteca e mi ha chiesto se poteva fermarsi per qualche ora». Tutti i più grandi rappresentanti dello show biz italiano hanno aderito con entusiasmo a questa straordinaria avventura. Scatti in bianco e nero e a colori, ritratti stretti, sguardi intensi rubati dalla macchina fotografica. Denis Curti racconta come la produzione non sia stata semplicissima, considerando anche i tempi ristretti di realizzazione. «Gastel ha voluto riprendere tutti i suoi cento soggetti in studio. Ha voluto guardarli negli occhi, parlare con loro ed essere certo che la sua luce a led, progettata per l’occasione, riflettesse negli occhi di ognuno». «Il progetto era quello di scattare un’istantanea del mondo della musica filtrato dalla mia sensibilità - racconta Gastel -. Per fortuna un fotografo non è uno specchio». Lo studio bianco di Gastel è infatti un luogo speciale dove i personaggi vanno e vengono tornando ad essere persone. «Ho chiesto a ciascuno di togliersi tutto, per lavorare senza parrucchieri o truccatori», continua. Lui si è immaginato una luce speciale, fatta con led montati su semicerchi («un’allusione all’ovale classico», dice), che ha usato per tutti e che si ritrova nella maggior parte dei ritratti realizzati in tre mesi di viavai in studio. Con qualche eccezione, come quella di Mina, l’unica protagonista della mostra fotografata da un altro artista. «Lei mi ha mandato una foto di Pagetti e mi ha detto: fanne quello che vuoi».  E lui ha inventato una treccia infinita che si chiude in una chiave di violino.

La mostra resterà aperta fino al 25 settembre (orari: dal martedì alla domenica 10-19, venerdì 10-22, biglietto 12 euro).