Blue Note, il senso di Matt Bianco per jazz e swing

Sognando un successo come “Whose side are you on?”

Matt Bianco

Matt Bianco

Milano, 28 settembre 2019 - Cosa sappia ancora muovere il marchio Matt Bianco fra ricordi e nostalgie di una generazione irretita dalle varie “Whose side are you on?”, “Sneaking out the backdoor” e “Half a minute” lo dicono i cinque show che la band inglese ha in calendario al Blue Note tra il 3 e il 5 ottobre. Con quel nome da “spy-story televisivo” che si ritrova, la band del tastierista Mark Reilly ha traversato 35 anni di hit-parade facendo leva su un mix pop-swing-soul caro pure ad altre realtà anni ’80 come Swing Out Sisters o, con altre sfumature, Johnny Hates Jazz. Una formula di successo che è lo stesso Reiley a spiegare.

Mark, come riassumerebbe la sua discografia in tre soli album? «Sicuramente ‘Whose side are you on?’, il nostro smagliante album di debutto, ma anche ‘Indigo’, che registrammo a Miami spandendo sapori latini in brani che amo come ‘Wap Bam Boogie’, e ‘Gravity’, uscito due anni fa riaffermando la mia passione per lo swing. Ci suonano alcuni elementi della band del sassofonista Dave O’ Higgins».

Un disco particolare? «Direi ‘HiFi Bossanova’ del 2009, per le sue sperimentazioni con la musica brasiliana».

Il pubblico viene ai concerti per ascoltare il vecchio repertorio o riuscite a conquistarlo pure con le cose più recenti? «Proviamo ad offrirgli un gradevole mix di passato e presente. Della band di un tempo rimango solo io, quindi è naturale che i nuovi arrivati facciano proprie le vecchie canzoni come se le sentono addosso. Oggi siamo più acustici e ‘jazz orientd’ di un tempo, con batteria, basso, piano, e due fiati le canzoni prendono una nuova fisionomia pur mantenendo lo stile che le contraddistingue. L’idea di una band del genere mi è venuta guardando il filmato di una seduta in studio di Chet Baker».+

Perché? «Perché per portare nei club un album come ‘Gravity’, caratterizzato da sonorità jazz piuttosto tradizionali, ho voluto una formazione più tradizionale di altre del passato. Ma le cose sono destinate a cambiare già dal prossimo disco».

Ce l’ha un filo di nostalgia per celbrati compagni di strada come Barbara “Basia” Trzetrzelewska o come Mark Fisher, scomparso tre anni fa? «Sono proteso al futuro e quindi non amo guardarmi indietro. Certo sarebbe bello avere ancora il successo del primo album, ma è una grande conquista essere qui ancora oggi, a divertirmi sul palco con la mia musica. ‘Gravity’ è il primo album senza Mark. Mentre si curava ho preso tempo incidendo un album con i New Cool Collective, poi, però non s’è più ristabilito».

Che genere di musica ascolta al momento? «Sono tra quelli che hanno riscoperto il piacere del vinile, recuperando vecchi album di Stevie Wonder, Tom Waits, ma anche cos di bossanova e di jazz».

Il pubblico è uguale ovunque? «Sì, la reazione alla musica dei Matt Bianco è simile un po’ ovunque. Alcuni dischi sono andati meglio in certi paesi che in altri, ma in generale, fra Italia e Giappone, ad esempio, non notiamo troppa distanza. Milano rappresenta poi un crocevia importante sulle nostre rotte e lo shooting fotografico del libretto di ‘Gravity’ l’abbiamo fatto proprio tra Corso Como e i grattacieli di Porta Nuova».