Monza, visita urgente: dopo 5 mesi, il rinvio

Lunga attesa per il controllo pediatrico che aveva priorità di 30 giorni per sentirsi dire: si metta in coda per i test

Il piccolo aveva accusato una reazione allergica durante un’anestesia locale (Rossi)

Il piccolo aveva accusato una reazione allergica durante un’anestesia locale (Rossi)

Monza, 18 ottobre 2019 - Cinque mesi di attesa per una prima visita allergologica pediatrica nonostante la priorità di 30 giorni segnata sull’impegnativa. E il giorno dell’appuntamento, niente visita. Una seduta di una manciata scarsa di minuti, giusto il tempo di spiegare al medico il motivo della visita e di sentirsi dire: «Bene, è tutto. Ora dovrete attendere che vi chiami il Day hospital per i test». La presenza del bambino che avrebbe dovuto fare la visita? Inutile. Il permesso dal lavoro del genitore per la visita? Altrettanto buttato. Cinque mesi di attesa per essere liquidati in meno di cinque minuti, senza alcuna visita, e con la prospettiva di dover aspettare ancora chissà quanto. «Se ha fatto la visita una settimana fa è ancora presto, vi chiameranno fra due-tre mesi almeno», la risposta al telefono della segreteria del reparto. Se così sarà, di mesi ne saranno passati otto dall’urgenza di effettuare, invece, il controllo entro 30 giorni. Priorità richiesta dal pediatra di famiglia e prevista dal sistema sanitario per casi particolari. Come, evidentemente, quello specificato nel “quesito diagnostico” appuntato nella ricetta elettronica: «Reazione allergica ad anestetico in paziente sottoposto a terapia ortodontica».

Tutto inizi a con una seduta dal dentista. Al momento dell’iniezione dell’anestesia per una semplice otturazione, il paziente di 9 anni manifesta improvvisamente uno sfogo rossastro su guance e collo. Il medico interrompe subito la somministrazione del farmaco e invita i genitori a richiedere immediatamente una visita allergologica. Il pediatra prepara l’impegnativa appuntando anche il codice di priorità per accelerare i tempi visto che senza una diagnosi certa nessun dentista è disposto a curare una banale carie. Volendo escludere altre eventuali e più gravi circostanze in cui fosse necessario il ricorso all’anestesia. Quelle macchie comparse sulla pelle sono un innocuo sfogo o sono la prima leggera manifestazione di una allergia al farmaco? Per una coppia di genitori (e per i medici) la priorità è di sciogliere il dubbio il prima possibile. Ma per la visita, la prima data utile è ottobre, all’ospedale milanese di Niguarda. Del resto, al call-center regionale per le prenotazioni lo stesso operatore ha messo le mani avanti specificando che in Lombardia sono poche le strutture che si occupano dei test allergici con i farmaci, soprattutto sui bambini. E senza possibilità di scorciatoie privatamente: «Anche se c’è la priorità, visto che non tutti fanno quelle visite, la lista d’attesa è praticamente unica».

A quel punto , non resta che attendere, sperando che nel frattempo il bambino non abbia bisogno di anestesia. E che il mal di denti non peggiori oltre il sopportabile. Trascorsi cinque mesi, però, la famosa visita si rivela una beffa: la stessa spiegazione fornita al telefono al momento della prenotazione è stata riportata davanti al medico che non ha fatto altro che trascriverla e rimandarli a casa. Quantomeno singolare.  Cinque mesi persi. E la prospettiva di almeno altri tre mesi prima che qualcuno si faccia vivo per fissare l’appuntamento per i test allergologici. Ma visto che la visita, di fatto, non c’è stata, non si potevano prenotare i test direttamente cinque mesi fa? Alla faccia dell’urgenza.