Vimercate, assalita in classe con la sedia. La prof: "Non ritiro la denuncia"

All'insegnante non bastano le scuse dello studente. E sottolinea: "La scuola ci lascia soli"

Venera Vitale

MILANO 18/12/2018 - VIA BEROLDO 9 - PROFESSORI IN TRINCEA CONVEGNO AL LICEO CARDUCCI - VENERA VITALE - FOTO OTTICO NEWPRESS

Vimercate (Monza Brianza), 19 dicembre  2018 - «Una violenza come questa marchia il fisico e l’anima. Ho sofferto moltissimo. Quel giorno non riuscivo a guidare, avevo un braccio bloccato ed è arrivata l’autoambulanza per portarmi al pronto soccorso. Poi ho avuto incubi di notte, mi svegliavo di continuo. E' stata una violenza anche nel cuore». Venera Vitale, 55 anni, è la docente dell’Istituto tecnico Floriani di Vimercate che il 29 ottobre è stata colpita da una sedia lanciata da uno studente di 16 anni. Ha scelto di parlarne ieri, per la prima volta, al convegno 'Docenti in trincea' organizzato dall’associazione Gilda degli insegnanti al liceo classico Carducci di Milano.

Cosa ricorda di quel momento? «Stavo finendo la lezione di  Soria, alcuni ragazzi hanno abbassato le tapparelle elettroniche e l’aula è rimasta al buio. A quel punto mi è stata lanciata una sedia addosso. E' una classe un po’ particolare, sono quasi tutti maschi (una sola ragazza, ndr) del terzo anno, che studiano per diventare tecnici elettrici. Io penso che l’atto di bullismo di cui sono stata vittima sia il risultato di un clima negativo».

Quali sono le cause di questo clima? «Intanto le leggi che hanno costruito una scuola basata sui numeri e sulla quantità di progetti, in cui non si privilegia il rapporto coi ragazzi. Io insegno da 30 anni eppure non sono titolare di cattedra. In nome di una spending review si penalizza la continuità didattica: classi pollaio e cambio di classe ogni anno. E poi, qualora si presentasse un problema grave, come il mio, il preside dà vita a delle 'istruttorie' in cui il docente è messo sullo stesso piano dei ragazzi. Ancora, le note non hanno nessun valore, se i genitori reclamano dobbiamo darci da fare per non perdere 'la clientela', perché gli studenti sono come clienti da soddisfare».

Si è sentita isolata? «Non ho avuto il sostegno che mi aspettavo dalla dirigenza».

Ha voluto denunciare subito? «Sì, e mi è costato dolore. Ma se non l’avessi fatto avrei leso la mia dignità. E non ho ritirato la denuncia quando il colpevole è saltato fuori: il gesto grave resta, non è un gioco virtuale, bisogna farne prendere coscienza ai ragazzi. Così come noi dobbiamo prendere coscienza della nostra dignità d’insegnant<WC>i<WC1>. E atti come questo vanno denunciati perché non si ripetano, per tutelare gli studenti e noi»

Il ragazzo le ha chiesto scusa, questo le ha fatto piacere? «Sì. Mi ha scritto che non l’ha fatto per farmi del male. Ma non ho mai visto la mamma, non si è mai presentata a scuola e sono rimasta male. Questo ragazzo era alla ricerca di qualcosa di eccezionale, ha voluto rifugiarsi nel consenso del gruppo per sentirsi vivo, colmando un senso di vuoto interiore. Gesti come questo diventano rituali di gruppo, prove di coraggio. Il gruppo non ha voluto indicare il responsabile, ha avuto paura»<.

Come far sì che non capiti più? «Con la collaborazione e la prevenzione. La famiglia ha sostituito la genitorialità autoritaria con quella permissiva creando figli fragili e stressati. La scuola non può sostituirsi alla famiglia. La scuola ha un compito educativo ma anche di prevenzione. Sono tante le situazioni a rischio. Dobbiamo lavorare con famiglie, associazioni, enti locali e assistenti sociali».