Monza, assolta la vigilessa accusata di assenteismo e ora chiede i danni

Per il Comune timbrava il cartellino e se ne andava sull’auto di servizio

Il Comune non ci sta e si è costituito in giudizio contro l’ex vigilessa

Il Comune non ci sta e si è costituito in giudizio contro l’ex vigilessa

Monza, 23 maggio 2019 - Il risarcimento delle spese legali per quasi 9 mila euro, quindi il rimborso dei 500 euro, più gli interessi e rivalutazioni, che erano stati versati per evitare che il Comune si costituisse parte civile, e poi i danni da stress stimati da una valutazione medica in almeno 10mila euro oppure un risarcimento nella misura che i giudici riterranno congrua. E infine la riserva di rivolgersi al tribunale del lavoro qualora, in sede di giustizia civile, il Comune non pagasse tutto. Sono le richieste presentate a fine marzo da M. V., l’ex vigilessa monzese che circa 5 anni fa è stata protagonista di uno dei casi più eclatanti di assenteismo in municipio, una situazione aggravata anche dal fatto che la dipendente comunale non solo non rispettava gli orari di lavoro ma pure si teneva l’auto di servizio in dotazione che parcheggiava sotto casa.

E proprio questo elemento era stato decisivo nell’indagine svolta dalla Polizia locale per provare la negligenza della collega perché, attraverso reportage fotografici e operazioni di controllo, era stato documentato che l’auto di servizio restava parcheggiata nei pressi dell’abitazione della signora anche durante gli orari in cui doveva essere al lavoro ma, formalmente, non risultava assente perché aveva trovato il modo di notificarsi le presenze in ufficio da sola, compilando relazioni di servizio con date e orari scelti apposta per coprire le giornate di assenza. È tutto materiale che nel 2014 è stato inoltrato alla Procura di Monza e che sembrava provare in modo evidente una vicenda di assenteismo tanto che l’ex vigilessa era stata rinviata a giudizio con l’accusa di peculato e falso ideologico e poi condannata in primo grado a 4 mesi di reclusione con la condizionale, oltre alle spese processuali.Nel 2016 invece quello che sembrava inoppugnabile è stato ribalto in appello, con una sentenza di secondo grado che ha assolto con formula piena la dipendente comunale che, nel frattempo era stata sospesa dal servizio ma aveva anche evitato di avere ulteriori conseguenze da parte del Comune.

Durante il processo di primo grado il municipio era stato indicato come parte offesa, ma l’Amministrazione comunale aveva deciso di non rivalersi oltre al provvedimento disciplinare preso perché "le imputazioni ascritte alla dipendente – spiegava una delibera comunale di ottobre 2014 -, in quanto riferite a limitati episodi, non consentono l’individuazione di eventuali danni per l’Ente e neanche una loro quantificazione" e veniva accettata per chiudere la questione la proposta risarcitoria di 500 euro presentata dall’avvocato della signora. Una "cortesia" non ricambiata ora, con l’avvocato che, dopo l’assoluzione in appello, ha invece presentato il conto al Comune per ottenere tutti i risarcimenti, compresi quei 500 euro. Una richiesta che però non è stata accolta e una decina di giorni fa la Giunta ha approvato di costituirsi in giudizio nella causa risarcitoria promossa da M. V. che ha la prima udienza fissata per il prossimo 18 luglio.