Uccise il vicino per il cane La condanna è definitiva

A Michele Scarfò, che ha impugnato la pistola, 17 anni e 11 alla sorella che gli aveva fornito l’arma per “regolare i conti” con Giuseppe Piazza

Migration

di Stefania Totaro

Diventa definitiva la sentenza di condanna per il fratello e la sorella accusati dell’omicidio del vicino di casa con il movente dei litigi per la difficile convivenza tra i rispettivi animali domestici. E per la donna ora potrebbero aprirsi le porte del carcere. La Corte di Cassazione non ha accolto il ricorso presentato dalla difesa di Michele e Angela Scarfò, ritenuti responsabili dell’assassinio di Giuseppe Piazza, 55 anni, ucciso da un colpo di pistola nel pomeriggio del 22 giugno 2017 nel cortile della casa comunale dove abitava a Besana Brianza. Michele Scarfò, 56 anni, ha impugnato la pistola che ha colpito la vittima all’addome ma, ad armare la sua mano, è stata la sorella di 61 anni, che viveva da mesi un clima di pesanti rapporti di vicinato con Pino Piazza a causa della difficile convivenza.

La Corte di Assise di Monza aveva inflitto rispettivamente 17 e 12 anni di reclusione a Michele e Angela Scarfò e quest’ultima aveva ottenuto un anno in meno di pena nel ricorso alla Corte di Assise di Appello di Milano. Gli imputati si erano giocati anche l’ultima carta del ricorso in Cassazione, ma i giudici non l’hanno accolto, facendo diventare la sentenza definitiva. Michele Scarfò è ancora detenuto in carcere, mentre la sorella è rimasta finora a piede libero ma ora potrebbe finire dietro le sbarre a scontare la condanna. Al processo davanti alla Corte di Assise di Monza il pm della Procura monzese Alessandro Pepè aveva chiesto condanne a 19 anni per la donna (imputata anche di detenzione illecita dell’arma da fuoco) e a 18 anni e mezzo per il fratello, imputati di concorso in omicidio volontario aggravato dai motivi futili e abietti e porto abusivo di pistola.

I giudici monzesi non hanno riconosciuto l’aggravante, hanno concesso le attenuanti generiche e ad Angela Scarfò anche la diminuente del non avere prospettato l’omicidio che poi si è verificato, ma soltanto la minaccia armata al vicino di casa con cui le liti erano iniziate per via della cattiva convivenza tra il cane di lei e il gatto di lui. Fratello e sorella erano stati anche condannati all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, al pagamento delle spese processuali (e Michele Scarfò, detenuto in carcere, anche di quelle per la permanenza dietro le sbarre) e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per 3 anni.

"I due vicini litigavano per il cane e il gatto, ma avrebbero litigato comunque per qualsiasi altro motivo, piuttosto che pensare ai loro veri problemi personali e familiari – ha dichiarato il pm Alessandro Pepè nella sua requisitoria – Pino Piazza non era un santo, aveva problemi di carattere e di comportamento. Ma anche Angela Scarfò ha dimostrato al processo comportamenti aggressivi". Secondo il pm monzese la donna "voleva far capire a Piazza che la doveva smettere di dare fastidio" e ha chiamato il fratello in qualità di "maschio di famiglia", come aveva già fatto altre volte in passato, "a prendere le parti sue e della figlia".

Angela Scarfò ha ammesso di essersi procurata la pistola perchè nessuno, nè il Comune, nè i carabinieri, la "aiutava" a risolvere i problemi con il vicino di casa. Michele Scarfò ha sostenuto di essere stato aggredito dalla vittima e che il colpo è partito accidentalmente. La difesa dell’imputato puntava quindi all’assoluzione per legittima difesa o quantomeno la condanna minore per omicidio preterintenzionale. Invece la pena, ora definitiva, è arrivata per omicidio volontario.