"Mi servono soldi per un trapianto di fegato", così truffava i clienti della banca

Prestiti per 350mila euro autorizzati a clienti complici o ignari, condannato a 2 anni e mezzo l'ex direttore della Popolare di Carnate

Alcune truffe sono però andate prescritte

Alcune truffe sono però andate prescritte

Carnate (Monza Brianza), 10 novembre 2017 - Prestiti per 350mila euro autorizzati a clienti complici o ignari dall’ex direttore dell’agenzia di Carnate della Banca Popolare di Milano, che diceva di avere bisogno di soldi per sottoporsi a un trapianto di fegato. Maurizio S., 52 anni, residente a Usmate Velate, è stato condannato dal giudice del Tribunale di Monza Sonia Mancini per truffa aggravata e appropriazione indebita a 2 anni e mezzo di reclusione e al risarcimento dei danni con una provvisionale di 100mila euro all’istituto di credito che si è costituito parte civile al processo.

Soltanto tre i fatti per cui l’ex direttore di banca è stato condannato perché molti altri, che risalivano a un periodo intorno al 2010 e che erano contestati anche in concorso con altri due imputati di episodi marginali, si sono nel frattempo prescritti, nonché le accuse di falsa scrittura privata e sostituzione di persona non sono più considerati dalle legge come reati. Per i fatti cancellati dal colpo di spugna della prescrizione, però, l’ex direttore e i coimputati sono stati condannati dal giudice a pagare le spese legali alle parti civili che si erano costituite, una manciata di clienti che si erano ritrovati intestatari di prestiti a loro insaputa.

Secondo l’accusa, infatti, l’allora direttore di agenzia avrebbe, in qualche caso, integrato con documenti falsificati le iniziali richieste di finanziamento da parte dei correntisti. In altri casi si sarebbe sostituito ai correntisti ignari di tutto, producendo documenti e firme fasulle. In ulteriori episodi si sarebbe intascato le somme, anche solo una parte, erogate dalla banca, in conseguenza delle regolari richieste di finanziamento effettuate dalla clientela. Come una donna che aveva smarrito la carta di identità. "Avevo aperto un conto corrente e stavo pensando di chiedere un prestito di 3mila euro, ma poi non l’ho fatto perché le condizioni non erano vantaggiose - ha raccontato al processo -. Due anni dopo mi ha chiamato la Guardia di Finanza dicendo che risultava un prestito a mio nome". "Ero disoccupato ma poi ho trovato un lavoro e ho chiesto un prestito di 24mila euro alla banca per comprarmi un’auto - ha dichiarato invece un sessantenne davanti al giudice -. Ho preso una Mercedes da circa 20mila euro. È stato il direttore a propormi di chiedere il prestito, dicendo che aveva bisogno di soldi per fare il trapianto di fegato".