di Stefania Totaro Trenta anni fa scattavano le manette per la Tangentopoli monzese. Era l’esordio di un interminabile capitolo giudiziario di inchieste iniziato nel giugno del ‘92 e che si è concluso con le ultime condanne soltanto nel gennaio del 2003. Una maxinchiesta che ha coinvolto complessivamente 280 persone tra quelli arrestati, un’ottantina e quelli iscritti nel registro degli indagati, con una decina di miliardi di vecchie lire di soldi recuperati tra sequestri e confische. La data storica ufficiale è quella della notte del 18 giugno quando erano scattati i primi arresti per gli amministratori e politici della prima Repubblica. Sei giorni prima l’allora sostituto procuratore di Monza Walter Mapelli e la collega Alessandra Dolci avevano convocato in Procura 11 persone, dopo avere ricevuto una nota informativa dai carabinieri di Sesto San Giovanni che indicava lo spunto per indagare su presunte tangenti in città. A sfilare davanti ai magistrati tutti i più grossi nomi dell’imprenditoria edile e dei professionisti del settore, che erano stati sentiti come testimoni e avevano iniziato a fare i nomi dei politici, svelando il meccanismo delle "mazzette": una prassi da parte degli amministratori era infatti diventata farsi pagare dai costruttori un "pizzo" proporzionale alla volumetria dell’immobile da costruire e variabile tra le 5.000 e le 8.000 lire al metro cubo, subordinando la mazzetta al rilascio della concessione edilizia. La deflagrazione aveva sconvolto con la sua eco la città di Teodolinda per mesi a venire. L’ultimo di una lunga serie di processi si è concluso il 29 gennaio del 2003, per reati poi finiti in prescrizione perchè il dibattimento al Tribunale di Monza si è allungato a dismisura. Imputati gli stessi nomi della Monza che “contava“. La pena maggiore, 5 anni di reclusione, era andata a Francesco Ironico, ex consigliere comunale socialista, sparito da tempo ai Caraibi, che ...
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