Monza, studenti del liceo si tolgono la vita: "Ragazzi, si può sbagliare e ricominciare"

Renata Nacinovich, direttore dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria infantile dopo il suicidio di due giovani del liceo Frisi

Studenti all’uscita del liceo scientifico Paolo Frisi

Studenti all’uscita del liceo scientifico Paolo Frisi

Monza, 16 febbraio 2020 - Ci sono patologie che ti permettono di stare in guardia. E poi c’è l’inspiegabile. Ci sono gesti, a volte estremi. Che covano silenziosi nel tempo di vite apparentemente normali, nelle giornate di ragazzi che studiano, che a volte inciampano in un compito in classe o in una interrogazione, che fanno sport e hanno amici. Decisioni inspiegabili che hanno spinto due giovani studenti appena maggiorenni a togliersi la vita a distanza di 15 giorni l’uno dall’altro. Una ferita per le loro famiglie, per i loro compagni di classe e per tutti i ragazzi del liceo che frequentavano, il Frisi.

"Immediatamente ci siano resi disponibili in maniera più flessibile rispetto a esigenze che dovessero giungerci dalla scuola o dalle famiglie. Disponibilità all’ascolto, alla comprensione, anche verso i genitori che chiedono “semplici” rassicurazioni nel rapporto con i propri figli". Renata Nacinovich, direttore dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria infantile dell’Asst di Monza e professore dell’Università di Milano Bicocca, guida una struttura che è un’eccellenza non soltanto nella cura ma anche nella formazione. Quasi trecento ricoveri all’anno e più di duecento adolescenti seguiti negli ambulatori di Neuropsichiatria e di Psicologia dell’età evolutiva"La notizia tragica di quanto successo ha sconvolto anche ragazzi che già seguiamo, oltre a quelli più direttamente coinvolti, all’interno della comunità della scuola, verso i quali siamo pronti all’ascolto. Lo stesso vale per un sostegno alle famiglie e ai professori, anche con incontri di gruppo, a livello scolastico".

Dottoressa, cosa è possibile fare nell’immediato?

"Raccogliere prontamente le richieste di ascolto per fare qualcosa in accordo con scuola e famiglie. In tutte le situazioni traumatiche ci sono fattori personali, di resilienza, di fragilità che non necessariamente si evidenziano in occasione dell’episodio, ma possono manifestarsi anche a mesi di distanza".

Quali possono essere i segnali, i campanelli d’allarme? Anche perché certi comportamenti sono tipici dell’adolescenza .

"Premesso che alla fine, da un punto di vista esistenziale, c’è un pezzo di incomprensibilità davanti a gesti così estremi, un genitore può prestare attenzione, ad esempio, a un brusco cambiamento di comportamento, a tristezza, disperazione o angoscia evidenti, o anche se il proprio figlio diventa apatico, come se avesse meno energia nel fare le cose, irritabile, sempre insoddisfatto, se mostra meno disponibilità emotiva. E ancora se rinuncia a fare sport o a stare con gli amici, se manifesta disturbi nel sonno o di tipo alimentare. Poi, però, ripeto che la certezza, la prevedibilità non c’è. Ed è una delle cose con cui ci confrontiamo ogni giorno. Oltretutto nell’adolescente ci sono degli sbalzi di umore, è più portato all’impulsività, agli agiti. Gli adolescenti hanno alti e bassi, passano dalle stelle alle stalle, dal pensare: conquisterò il mondo a: non valgo nulla. E poi c’è tutto il contesto ambientale, l’adolescente che va nel mondo e può avere degli incontri più o meno felici. E’ fisiologicamente un’età di “crisi” nel senso etimologico di scelte, decisioni, passaggio dall’infanzia all’età adulta".

Questo si traduce anche in comportamenti inaspettati...

"A volte covano anche odio verso se stessi: mi distruggo e risolvo i problemi, trovo la pace rispetto a una sofferenza psichica insopportabile. Notiamo comportamenti autolesionistici in modo molto più esplicito rispetto al passato. Anche l’abuso di sostanze può facilitare l’impulsività, le fragilità, la vulnerabilità, ancor più in una società in cui i giovani sono sempre connessi, si sentono quasi costretti a dover apparire, a sostenere un continuo confronto. Una sovraesposizione che alle volte li prevarica".

I genitori cosa possono fare?

"Davanti a un lutto che è contro natura come la perdita di un figlio non ci sono parole; chiunque abbia conosciuto l’adolescente pensa “avrei potuto sorridergli”, “avrei potuto chiedergli”, “avrei potuto ascoltarlo di più”. Come adulti è importante mantenere viva una comunicazione affettiva ed emotiva, mostrando sempre disponibilità all’ascolto, ben consapevoli, comunque, che non è sempre facile, che i ragazzi ci cercano solo quando vogliono loro. Bisogna cercare di farli crescere fin dai primi anni di vita in un clima più accogliente e flessibile: non c’è solo successo-fallimento. C’è la possibilità di sbagliare e di andare comunque avanti. Mantenere viva la speranza. Sempre".