"Stanze dell’amore e telefoni in cella"

La proposta dalla delegazione politica che ha fatto visita al carcere di via Sanquirico dopo giorni di violenze, incendi e suicidi

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di Dario Crippa

Stanze dell’amore, telefoni in cella, più lavoro. Questa in sintesi la ricetta proposta dalla delegazione che lo scorso 16 agosto, aderendo all’iniziativa “Ferragosto in carcere”, si è recata alla casa circondariale Sanquirico di Monza, segnata nelle ultimi giorni da suicidi, aggressioni, rivolte, incendi.

Della delegazione facevano parte l’avvocato Simona Giannetti del Partito Radicale, Francesco Pasquariello e i due consiglieri comunali Paolo Piffer (lista Civicamente) e Sarah Brizzolara (Pd). Durante la visita, accompagnati dalla direttrice Maria Pitaniello, dal Comandante della polizia penitenziaria e dal responsabile dell’area educativa, sono emerse diverse criticità "che la politica a tutti i livelli dovrebbe cominciare ad affrontare con più coraggio". Oltre alla condizione di sovraffollamento, è emerso che particolare attenzione dovrebbe essere dedicata ai detenuti con disturbi psichiatrici, sempre più numerosi. "La pena detentiva deve essere rieducativa e un detenuto psichiatrico non può partecipare al percorso di reinserimento sociale previsto dalla Costituzione" ha fatto notare Piffer. "I disordini, le aggressioni agli agenti e operatori, fino ai tragici suicidi dei detenuti non possono passare sotto silenzio - ha detto Simona Giannetti -. Il Partito Radicale ha da tempo ingaggiato una battaglia per portare fuori dalle celle i detenuti infermi di mente.

Le Rems non sono abbastanza - ha aggiunto - e serve un ulteriore impegno del legislatore anche coinvolgendo le strutture territoriali per i casi meno gravi, in cui sia possibile applicare misure diverse da quella della detenzione in carcere". Durante il colloquio con la direttrice e il comandante - fanno sapere dalla delegazione - "abbiamo chiesto cosa ne pensassero dell’ampliamento dei colloqui telefonici per i detenuti, magari anche pensando di mettere in ogni cella un telefono solo per chiamate in uscita ed entrata con numeri autorizzati per la singola scheda in uso al detenuto, proposta lanciata proprio in questi giorni dal don Riboldi del carcere di Busto Arsizio". La direttrice ha tenuto a precisare che non ha mutato nulla sui tempi delle telefonate anche dopo l’emergenza Covid e che i colloqui siano uno strumento che garantisce la serenità del detenuto e quindi una maggiore distensione dei rapporti in carcere. "Abbiamo lanciato anche il tema più spinoso - ha detto Piffer - dei colloqui intimi (o stanze dell’amore come vengono chiamate in alcuni paesi europei): è qui che il Comandante della polizia penitenziaria ha messo il suo benestare, confermando che un detenuto che mantenga rapporti anche intimi e affettivi conserva una serenità che non farebbe che bene alla vita in carcere". Il lavoro e la formazione rimangono come sempre un tema centrale nel percorso rieducativo del detenuto: "Sebbene quasi tutti riescano a turno a essere impegnati in attività di lavoro alle dipendenze del carcere, dopo il Covid sono diminuite le occasioni di assunzione dall’esterno anche se in carcere una buona percentuale di detenuti lavora con impegno per un’azienda di infilaggio viti, assemblaggio cartellette, digitalizzazione sentenze" spiegano dalla delegazione. Il carcere è provvisto di laboratori: "la falegnameria e l’orto hanno un ottimo potenziale, ma potrebbero essere sfruttati meglio, se si riuscisse a far dialogare in modo più efficace il carcere con le istituzioni e le realtà associazionistiche e imprenditoriali del territorio" hanno sottolineato.

È inoltre emersa "una sofferenza causata dal numero insufficiente Di operatori attualmente attivi. Un educatore ogni cento detenuti non può essere una forma di garanzia per l’effettivo svolgimento di un percorso di rieducazione, né soprattutto per rendere effettive le misure alternative da proporre in un carcere, che per quasi metà della popolazione è vera e propria casa di reclusione".

La delegazione ha chiuso con un appello: "Al Sanquirico servono dentisti. Nella struttura è presente una sala attrezzata, ma i due professionisti che ad oggi collaborano con il carcere non sono sufficienti e i detenuti che richiedono questo servizio sono davvero tanti e troppi, per poter aspirare a ricevere una visita del dentista prima dei sei mesi". Piffer chiude così: "Il carcere è parte integrante della città e la politica locale non può far finta di nulla scaricando ogni responsabilità sulle altre istituzioni. Il comune deve fare la sua parte. Investire nel carcere vuol dire investire nella sicurezza dei cittadini".

Più critico il consigliere regionale leghista Alex Galizzi, reduce anche lui da una visita al Sanquirico: "I detenuti devono restituire alla società il debito che hanno contratto, altro che stanze dell’amore... Sto lavorando a un progetto per le carceri lombarde".