“Smile bis“, Rizzo nega l’accusa

Imputato di turbativa d’asta per l’affaire dei service odontoiatrici privati nelle strutture pubbliche

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di Stefania Totaro

"Io non mi ero occupato di quell’appalto quindi, quando mi è stato chiesto di interessarmi, ho preso la pratica ma ho visto che dentro non c’era la documentazione e così ho riferito. Certo, quei 510mila euro che dovevano essere pari al 5% degli investimenti fatti dalla Canegrati, pari quindi a 10 milioni, mi è sembrata una cifra spropositata, ma non avevo riscontri da cui dedurre se potesse essere realistica".

Nega l’accusa di turbativa d’asta Gennaro Rizzo, imputato in qualità di responsabile unico del procedimento di gara di appalto dell’ex Azienda ospedaliera di Vimercate, a processo al Tribunale di Monza sui service odontoiatrici privati nelle strutture sanitarie pubbliche che facevano capo a lady Sorriso Maria Paola Canegrati, arrestata nel 2016 insieme all’allora presidente della commissione sanità di Regione Lombardia Fabio Rizzi.

Al dibattimento sono anche imputati, di corruzione e turbativa d’asta, l’allora direttore generale Pietro Caltagirone e l’allora direttrice amministrativa Isabella Galluzzo, che a loro volta respingono le accuse. Il dibattimento ricalca quello che è costato in primo grado la condanna a 12 anni della Canegrati, che poi ha patteggiato altri 3 anni di pena per il secondo troncone dell’inchiesta per bancarotta fraudolenta e truffa ai danni dello Stato.

Sotto la lente della pm titolare dell’inchiesta, la procuratrice aggiunta Manuela Massenz, innanzitutto, i 510mila euro che l’aggiudicatario dell’appalto doveva versare all’Azienda ospedaliera per gli investimenti che questa aveva fatto nel reparto. Una cifra, però, che era molto vicina a quella che la stessa Azienda risultava dover rimborsare alla Servicedent per un appalto precedente.

L’anomalia era stata riscontrata da Giovanna Ceribelli, nel 2014 membro del collegio sindacale dell’Azienda ospedaliera, ed è stata confermata in aula anche dall’allora responsabile dell’esecuzione dell’appalto Anna Maria Gorini, sentita come testimone dopo avere patteggiato la pena di 22 mesi per l’inchiesta “Smile“ della Procura di Monza.

"Mi chiamò la dottoressa Galluzzo e in un incontro in cui era presente anche Rizzo mi chiese conto di quei 510mila euro, ma erano già presenti nel capitolato del 2004 poi rinnovato nel 2010 ed eravamo nel 2014, quindi rimasi stupita che non trovassero i giustificativi. Una criticità che esprimeva una gravità importante. La Galluzzo, persona attenta, era apparsa preoccupata. Trovai una mail di Rizzo del 2009 con un capitolato che includeva quel 5%, ma lui mi disse che quella mail non l’aveva".