"Io, prigioniero della Sla, chiedo una carrozzina"

A Cesano Maderno la storia di Tony Laganà e della sua battaglia contro malattia e burocrazia

Antonino "Tony" Laganà

Antonino "Tony" Laganà

Monza, 22 giugno 2017 - «L'assistenza è un macello, ne ho bisogno 24 ore su 24, non ho nessuno con me. Mi servirebbe una carrozzina elettrica che mi metta in posizione verticale: costa però, per acquistarla servono quasi 24mila euro e l’Ats me ne mette a disposizione appena 15mila. E gli altri 9mila, dove li trovo?». Dalla sua poltrona-sdraio, il respiratore perennemente al fianco, la voce che scandisce a fatica le parole, Antonino “Tony” Laganà, 45 anni, sa quello che vuole: e la Sla che lo accompagna da quasi 10 anni, come non è riuscita a spegnere il suo sorriso, tanto meno ha finora abbattuto la sua forza di volontà.

«Non lavoro più - spiega -, ma devo vivere, pagare il mutuo e pagare due persone che mi assistano giorno e notte... Percepisco però solo una pensione di accompagnamento (518 euro), un contributo regionale (1.000 euro), un aiuto dal Comune (600 euro), mentre un assegno di invalidità... quello ancora non l’ho mai ricevuto!». Quando lo avevamo conosciuto, qualche anno fa, Tony Laganà non era ancora attaccato a un respiratoreLa Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica), però, non perdona. Le speranze di vita sono ridotte, Tony lo sa. Dieci anni nei casi più fortunati. E lui ha cominciato ad avvertirne i morsi nel 2008.

Tic tac, tic tac. L’orologio ticchietta implacabile. Fino al 2008 Tony Laganà era un piccolo imprenditore di successo (era titolare di una ditta di impianti elettrici che dava lavoro a 40 persone), appassionato di motociclette, correva a livello amatoriale in tutta Italia. Poi, sono arrivati i problemi. Ha cominciato a cadere, ad accorgersi che il suo corpo non rispondeva più ai suoi comandi, «non riuscivo a frenare». La trafila medica è stata lunghissima, esami, visite. Poi, nel 2011, la stilettata, sotto forma di diagnosi: «caro signor Laganà, lei ha una malattia al Motoneurone». Traduzione, «ha la Sla». Da allora la discesa agli Inferi è stata sempre più rapida. Prima le braccia, poi le gambe, le paralisi avanzava. Poi la parola, infine il respiro: «Nel 2014 mi hanno operato e mi hanno messo il respiratore: ero ridotto a una larva, non mi muovevo più, per un anno non ho detto una parola».

E adesso? «Ho reagito, non mi sono lasciato andare e mi sono ripreso, riesco anche a muovere le dita dei piedi» dice orgoglioso indicando con gli occhi i suoi alluci. «Prima non ci riuscivo... e tutto è dovuto alla mia testardaggine».

Come si cura?  «Non assumo farmaci. Mi sono rifiutato in modo categorico, l’unica medicina sono i miei figli, un ragazzo di 21 anni e una di 14. Non c’è cura per la Sla, l’unico medicinale riconosciuto è il riluzolo, ma ti spappola il fegato, dopo 2 mesi i miei esami del sangue sembravano quelli di un alcolizzato. E per cosa? Per campare, se va bene, 4 mesi in più».

È fuori dal coro.  «Ho cominciato nel 2008 a star male, ma sono stato fortunato nella mia sfortuna, almeno guardando i miei colleghi di sventura, ne ho già visti morire così tanti... Oggi posso permettermi di chiacchierare, bere un caffè, mangiare: questa malattia non è uguale per tutti, l’aspetto psicologico è fondamentale e io sono molto combattivo. Ogni due mesi faccio esami e i medici si stupiscono».

Non parla mai di malattia, ma di «una condizione». Pensa mai alla morte, ne ha paura? «No, assolutamente! Ho imparato a esorcizzare questo stato molti anni fa, non avrei potuto fare certe cose altrimenti... come gareggiare con le moto, dove ho perso molti compagni. La morte non fa parte del mio quotidiano, so che un giorno arriverà, ma non sto certo qui ad aspettarla. Oggi ho raggiunto uno stato psicologico che mi fa essere me stesso in tutto e per tutto, non assumo nessun farmaco, come dicevo prima, e mi nutro dell’amore dei miei figli, il pensare a loro mi fa bene. Famiglia distrutta a parte (ha avuto due compagne, ndr), ho blindato la mia mente, e questo fa sì che io sorrida sempre a questa vita. Vorrei solo sottolineare una cosa molto importante - aggiunge - . Essendo rimasto da solo ad arrangiarmi in tutto, se non avessi la mia prima ex compagna, madre di mio figlio, Loredana, fa molte notti e tutte le domeniche con me, non saprei proprio come fare».

E le moto? «I miei amici vogliono organizzare una festa per me... sul circuito di Misano!»

Conta di andarci? «(sorride) Certo, non ho problemi a viaggiare».