"Simone non si è suicidato, non archiviate"

I famigliari del giovane morto impiccato in una ditta dopo un inseguimento da parte dei carabinieri si oppongono alla richiesta della Procura

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di Stefania Totaro

La Procura di Busto Arsizio chiede l’archiviazione del fascicolo penale contro ignoti per istigazione al suicidio sulla morte del 28enne di Lentate sul Seveso Simone Mattarelli, fuggito ad un posto di controllo dei carabinieri a Desio il 3 gennaio scorso e ritrovato poi impiccato dentro una ditta a Origgio nel Varesotto. Ma i famigliari del giovane si oppongono, chiedendo che vengano svolte ulteriori indagini. "Simone aveva mille motivi per vivere e nessuno per togliersi la vita: aveva una ragazza con la quale stava per andare a convivere, aveva un lavoro stabile, aveva ricevuto una cospicua eredità ed era amato da tutti", sostengono i genitori e il fratello del 28enne che, per continuare la loro battaglia, si sono rivolti all’avvocata Roberta Minotti. "La Procura ha chiesto l’archiviazione in quanto, a suo dire, non risulta configurabile alcun reato - spiega la legale - Per il medico legale nominato dal pm gli elementi di giudizio a disposizione orientano univocamente verso l’ipotesi di un gesto anticonservativo. Inoltre la dinamica degli eventi, confrontata con le concentrazioni di cocaina presenti nel sangue di Simone Mattarelli al momento del decesso, è fortemente suggestiva di un quadro depressivomaniacale sofferto dal ragazzo a seguito dell’assunzione di un’elevata dose di droga nelle ore precedenti alla sua morte". Ma a risultati diversi sono invece arrivate le due perizie medico legali e una tossicologica affidate ai consulenti nominati dai famigliari.

"Quanto alle cause della morte, la conclusione è che Simone non si è suicidato e prima di morire ha subito un’aggressione a cui ha cercato di reagire - ricostruisce l’avvocata Minotti - Sul suo corpo sono infatti presenti lesioni, anche interne, da ricondurre a traumi subiti e a tentativi di difesa. Anche la posizione del corpo appare decisamente inusuale ed anche il cappio risulta essere atipico". Il giovane è stato trovato impiccato con la sua cintura legata a un macchinario e in posizione seduta. "Inoltre per il nostro consulente chimico forense un episodio depressivo acuto con comparsa di idee suicidarie può svilupparsi solamente dopo la scomparsa del principio attivo della cocaina, invece ancora presente nel sangue", ritiene il difensore di parte civile, secondo cui "la morte di Simone è stata considerata fin da subito un suicidio e ciò ha ritardato le indagini, incautamente affidate agli stessi carabinieri nonostante il corpo sia stato trovato dopo un lungo inseguimento da parte di militari che, giunti nei campi del Varesotto, hanno anche aperto il fuoco". Precisamente 8 colpi sparati al suolo, i cui bossoli non sono mai stati ritrovati.

"Quella notte Simone era inseguito da almeno 14 carabinieri e all’indomani, sul posto, prima del ritrovamento, ne erano presenti ancora di più, anche appartenenti a sezioni speciali, nonché ufficiali di alto grado - prosegue Roberta Minotti - Quelli incaricati delle indagini non hanno ritenuto di scaricare i filmati di tutte e 15 le telecamere presenti nell’edificio industriale, nonostante la consapevolezza della sovrascrittura e quindi della perdita dei dati. Anche la richiesta di acquisizione dei filmati registrati dalle aziende vicine e dal Comune, seppur tempestivamente richiesti e anche delegati dal pm, sono stati richiesti con ritardo causando la perdita dei dati".

Ora i famigliari del 28enne chiedono che siano svolti nuovi accertamenti tra cui un esperimento che accerti se la posizione del giovane sia compatibile con un suicidio, l’analisi del materiale sotto le unghie del ragazzo alla ricerca di profili di dna non suoi, l’acquisizione delle registrazioni dei colloqui tra le centrali operative e i vari equipaggi durante l’inseguimento.