Vimercate, la storia di Barbara: "Io, sfrattata dalla burocrazia"

Tre figli, disoccupata, è disperata: è terza in lista per una casa popolare, ma l’alloggio non si trova

Barbara ha fatto gli scatoloni

Barbara ha fatto gli scatoloni

Vimercate (Monza e Brianza) - Gli scatoloni sono dappertutto. "Dentro c’è la nostra vita". Barbara ha 40 anni, 3 figli, di 20, 15 e 2, è disoccupata, e oggi sarà sfrattata. Aspetta l’ufficiale giudiziario fra le lacrime, "spero non arrivi con le forze dell’ordine, vorrei risparmiare un altro trauma ai ragazzi. Non so più a chi chiedere aiuto. Ho ricevuto solo porte in faccia". «Ho partecipato a tre bandi per le case popolari a Vimercate – racconta – sono arrivata terza, ma non c’erano abbastanza alloggi. Oppure, erano troppo piccoli per quattro persone. Ma non sarebbe meglio avere un bilocale, piuttosto che finire in mezzo alla strada? Siamo vittime della burocrazia e di una legge crudele, sbagliata. Le regole servono a smembrare le famiglie, piuttosto che a trovare una soluzione per tenerle unite. Non riesco ancora a credere che le cose vadano così". Sono quasi due anni che la mamma lotta come una leonessa per difendere i suoi ragazzi dai pericoli legati alla situazione, ma senza risultati. "Hanno il diritto di vivere in pace e invece sono i primi a pagare un prezzo troppo salato".

Alla base di tutto c’è una separazione dolorosa con problemi economici e altri strappi difficili: "La gravissima malattia di mia madre, l’unica persona che mi aiutava, ridotta da un infarto in coma irreversibile. Una tragedia nella tragedia. Era lei che mi dava una mano a curare la piccola, al nido non c’era posto, e io in queste condizioni non riesco a lavorare". È successo tutto insieme. Quando la coppia salta le difficoltà che si trascinavano da tempo diventano una miscela esplosiva che dà il colpo di grazia a un bilancio domestico sempre più difficile da far quadrare. "La pandemia ci ha creato problemi di lavoro e io non sono più riuscita a riconquistare l’autonomia. Ma se le istituzioni non intervengono in casi come il mio, sono prive di significato. Con un tetto sopra la testa, potrei fare domanda per l’asilo, cercare un posto e tornare a essere indipendente. Ma se nessuno ti tende la mano, il circolo virtuoso non può più innescarsi".

«Sto vivendo un inferno e poi quando c’è un femminicidio ci si chiede perché. La risposta, purtroppo, è semplice: nessuno aiuta le donne prima che sia troppo tardi". L’attesa dello sfratto è snervante, "toglie il sonno, la fame. Ho chiesto una proroga per cercare un’alternativa che finora non ho trovato: nessuno dà casa a una persona come me. Questa è la dura realtà. Ecco perché un anno e mezzo fa ho ripiegato su un alloggio pubblico. Ma ho fatto un altro buco nell’acqua. Mi si è rotta anche la macchina, l’unico riparo che posso ancora garantire ai miei figli. La nostra dignità è stata calpestata in ogni modo. Sinora ho trovato solo giudizi feroci sul mio conto. Invece a noi servirebbe una possibilità. E un po’ di giustizia".