Fallito per colpa dello stato, Bramini: "Mi ricompro casa"

Incassa i 21mila euro raccolti e ora spera nel cinese

Sergio Bramini davanti alla sua casa

Sergio Bramini davanti alla sua casa

Monza, 27 dicembre 2018 - «Credo ancora nella Giustizia... ho trovato finalmente un giudice imparziale». Sergio Bramini ha tirato un sospiro di sollievo in quella che lui stesso ha definito come una delle vigilie di Natale più belle di tutta la sua vita. Quella in cui la Quarta sezione del Tribunale di Brescia ha accettato la domanda di liquidazione presentata dall’imprenditore e dal suo legale, l’avvocato Monica Pagano (Studio Pagano & Partners). Vale a dire, dopo tentativi infruttuosi che andavano avanti da mesi (a Monza), Bramini è riuscito a trovare ascolto a Brescia, dove è stata applicata nei suoi confronti la procedura sul sovra indebitamento. Vale a dire, la cosiddetta “legge salva suicidi”.

Che azzera tutte le procedure esecutive a carico dell’ex imprenditore diventato un simbolo per centinaia di persone nelle sue condizioni, costretto a fallire nonostante avanzasse crediti per oltre 4 milioni di euro da parte di pubbliche amministrazioni. La sua villa, requisita lo scorso 18 maggio e messa all’asta, si era nel frattempo deprezzata, ogni volta che veniva messa in vendita, del 25%, sino a scendere alla risibile somma di 500mila euro. Un imprenditore cinese, re dei supermercati, se l’era aggiudicata a quel prezzo, «ma dice che non vuole più prenderla» assicura Bramini. Se si tirasse davvero indietro (rischia però una penale di 50mila euro), la casa di Bramini a questo punto entrerebbe nelle disponibilità del Tribunale di Brescia, che potrebbe venderla, «ma non più all’asta, ma in maniera davvero competitiva, senza deprezzarla» spiega Bramini. Che ancora spera: «Mi piacerebbe ricomprarla, mi basterebbero 370mila euro... intanto Credito Italia con la raccolta fondi “Salvate Casa Bramini” ne ha raccolti poco più di 21mila». Non un granché, «ma è un punto di partenza... ».

Rimane poi un’altra partita sullo sfondo: quella relativa agli uffici della Icom, l’azienda di trattamento rifiuti di Bramini, a Bresso. «Per quelli non è stata riconosciuta la procedura sul sovra indebitamento: e il Tribunale fallimentare ha chiesto il mio sloggio, facendo ricorso all’odioso e inumano articolo 560, con uso della forza pubblica e fabbro. Dentro ci sono ancora parecchie delle mie cose e ci vive anche il mio cane... Presenterò comunque un altro ricorso, come per l’asta della mia casa assegnata in maniera secondo me irregolare all’imprenditore cinese: quel giorno il delegato alla vendita aveva dichiarato l’asta deserta, perché il cinese si era tirato indietro, eppure il giorno dopo a sorpresa la sua busta è stata aperta».