Seregno, l'abbazia olivetana è un’oasi di pace nel caos cittadino

Viaggio tra libri, unguenti e spiritualità

Niente ferie all’interno del monastero seregnese dove le attività proseguono come in tutti

Niente ferie all’interno del monastero seregnese dove le attività proseguono come in tutti

Seregno, 14 agosto 2018 - Niente ferie all’abbazia olivetana di Seregno dove ad agosto, a ridosso dell’ombreggiato e fresco chiostro, i monaci continuano a pregare e lavorare rispettando l’antica regola «Ora, labora et lege» imposta da San Benedetto, il loro fondatore. Un dettame seguito con scrupolo dalla piccola comunità brianzola, fondata nel 1884 da don Mauro Parodi su espresso volere del patriarca Paolo Angelo Ballerini, in cui vivono una dozzina di monaci che alla preghiera alternano le attività lavorative, tramandate ormai da diverse generazioni.

Il lavoro, sia manuale che intellettuale, è sempre stato una caratteristica della vocazione benedettina: «La nostra vita monastica - ha dichiarato l’abate dom Michelangelo Tiribilli che da quattro anni guida il monastero di via Stefano - si svolge nella comunità, in quella scuola di carità dove impariamo a donare noi stessi per il bene dei nostri fratelli. Ci sono monaci con caratteristiche molto diverse. Vivere insieme in comunità lima le parti più spigolose dei nostri caratteri. Il lungo esercizio della pazienza e del perdono conduce ad un affetto genuino per i nostri confratelli e ad un apprezzamento delle loro molteplici qualità». A Seregno i monaci si occupano anche della produzione di miele, della distillazione di elisir e amari, e soprattutto del confezionamento del famoso ‘’unguent di fràa’’, il portentoso prodotto capace di risolvere fastidiosi problemi di salute. Una pomata medicamentosa di cui i monaci custodiscono gelosamente la ricetta che comprende ingredienti tutti rigorosamente naturali. Terminate le preghiere ciascun monaco si occupa del proprio lavoro. C’è chi come il priore don Giovanni Brizzi armeggia tra alambicchi e distillatori, chi amalgama nel mortaio gli ingredienti dell’unguento e chi ha raccolto l’eredità apistica lasciata da dom Francesco Colzani.

Ma l’impegno dei monaci è rivolto anche alla gestione della fornitissima biblioteca che viene utilizzata soprattutto da studenti e studiosi. Contiene migliaia e migliaia di volumi tra i quali alcuni preziosissimi manoscritti e alcune Cinquecentine, incunaboli molto rari e decorati a mano con eccezionali disegni. Di questo vero e proprio patrimonio librario si occupa l’abate emerito dom Valerio Cattana: «Un monastero - ha dichiarato l’anziano monaco - non nasce certo come centro culturale ma per una esigenza profonda di ricerca di Dio. Come diceva il celebre monaco benedettino Jean Leclercq ’non c’è però vita monastica senza letteratura’. Una abbazia senza biblioteca è come un accampamento militare senza armi. Il nostro centro culturale si pone quindi come strumento fondamentale proprio per la ricerca di Dio».

Una abbazia che da tempo ha aperto le proprie porte al terriorio: continuando un percorso iniziato alcuni anni fa il monastero benedettino di Seregno propone una serie di iniziative destinate a convolgere le numerose persone che vogliono condividere la spiritualità del luogo.