Reddito di cittadinanza, in Brianza respinta una richiesta su tre

Su 3.778 richieste giunte all’Inps ne sono state accolte 2.422

Gli sportelli della sede dell’Inps di Monza (Rossi)

Gli sportelli della sede dell’Inps di Monza (Rossi)

Monza, 25 aprile 2019 - Reddito di cittadinanza, respinto un terzo delle domande. Mentre per quelle accolte, l’importo dell’assegno al nucleo famigliare varia da poche decine di euro a 5-600 euro. E per 74 pratiche arrivate negli uffici dell’Inps di Monza, «è necessaria un’ulteriore attività istruttoria». È l'ultima fotografia scattata dalla sede di via Correggio dell’Istituto nazionale di previdenza sociale sulla base delle istanze presentate entro il 31 marzo tramite Poste Italiane e i Centri assistenza fiscale dei sindacati.

Nella provincia di Monza e Brianza, per il momento sono arrivate ed elaborate 3.778 domande (l’80% circa del totale presentato ma non ancora lavorato dai funzionari): 2.422 sono state accolte mentre 1.282 non hanno risposto ai requisiti di legge e sono state rigettate. Ma "siamo soltanto all’inizio, sono trascorsi due mesi scarsi dall’entrata in vigore del reddito di cittadinanza, e nei prossimi mesi arriveranno di certo altre richieste", prospetta Lino Ceccarelli della Cgil Brianza.

Perché "molti disoccupati che attualmente beneficiano della Naspi (il trattamento di disoccupazione, ndr), aspettano la fine avendo un importo maggiore e poi, se non trovano lavoro, allora sì che potrebbero presentare domanda di reddito di cittadinanza. Molti altri, invece, aspettano di capire come funziona o, magari, non hanno al momento i requisiti".

Come un cinquantenne con partita Iva rimasto senza lavoro che si è presentato nei giorni scorsi in Cgil: non ha diritto alla Naspi e il suo Isee riferito allo scorso anno lo esclude dal reddito di cittadinanza. E "per lui, oggi, non ci sono strumenti di sostegno - denuncia Ceccarelli -. Stiamo parlando di persone che quest’anno non sono ufficialmente poveri, ma di fatto lo sono".

E capita pure che ci siano "due coppie con figli che ora si devono far mantenere dai nonni". Secondo il sindacalista "sarebbe stato meglio garantire maggiori fondi al reddito di inclusione e alla Naspi, perché oggi quando finisce l’assegno di disoccupazione la gente continua a restare senza lavoro".

«E questo succederà anche con il reddito di cittadinanza, semplicemente perché il lavoro non c’è. Ma - attacca Ceccarelli - evidentemente i numeri e le cifre sono viziati, sbandierati solo per dare la possibilità a qualche politico di affacciarsi da un balcone e dire di aver abolito la povertà". Invece che portare avanti "un’operazione demagogica", il Governo dovrebbe "investire in una seria politica per rimettere in moto l’economia e il lavoro, quello vero".