Monza, il grido della studentessa: "Riportata in Pakistan con la forza. Aiutatemi"

Venticinquenne islamica scrive alla sua ex scuola: "Picchiata dai miei genitori"

Una donna musulmana indossa il hijab (Lapresse)

Una donna musulmana indossa il hijab (Lapresse)

Monza, 18 settembre 2018 - «Mi hanno picchiata e picchiata ancora, mi hanno portato via tutti i documenti, adesso sono qui bloccata, ma io sogno di tornare in Italia». È volata in Pakistan, circa un anno fa, e la famiglia ce l’ha portata con un pretesto. Doveva essere un breve soggiorno nel paese nativo. Si è trasformato in una trappola. Un incubo. Un freno alla propria libertà. Vittima una ragazza di 25 anni, che per cercare di rompere le catene del «rimpatrio forzato» voluto dai genitori, e di un matrimonio combinato, nei giorni scorsi ha scritto una lettera accorata alla scuola di Cesano Maderno, in Brianza, la stessa che ha frequentato fino al 2015. E che vorrebbe tornare a frequentare: per concludere gli studi, per ritrovare le sue amicizie, per costruirsi un domani nel nostro Paese, nel Paese che considera il suo. La Farnesina segue il caso e, con una nota in serata, fa sapere che «sta acquisendo presso la Questura competente ogni utile elemento per verificare i fatti, al fine di valutare le modalità più appropriate per possibili interventi a tutela dei suoi diritti».

«Vi prego, aiutatemi, il mio futuro è in Italia, mi hanno preso tutti i documenti e mi hanno lasciata qui», ha messo nero su bianco nella missiva arrivata sul tavolo del dirigente dell’IIS Majorana di Cesano, Antonio Cangiano. Il preside l’ha letta e l’ha direttamente girata agli inquirenti. Ieri era assente e non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Né gli insegnanti attualmente in servizio, né gli studenti paiono ricordarsi di lei, che ha smesso di frequentare il quarto anno ormai da diverso tempo. La scuola, a sua volta, impossibilitata ad affrontare una vicenda tanto complessa e delicata, si è rivolta ai carabinieri della compagnia di Desio, che hanno informato l’Interpol. «Mi hanno picchiata, portata qui e abbandonata – racconta al telefono dal Pakistan, con la voce che alterna un tono determinato alla paura –. Mi hanno portato via passaporto, carta di identità e permesso di soggiorno. Io ho rifatto il passaporto in Pakistan, ma ottenere il visto per rientrare in Italia è molto difficile, non ce la faccio». La giovane è stata portata indietro nel 2017. Senza che le fosse detto quale fosse il vero motivo. Poi i genitori sono rientrati in Italia, nella modesta casa di Bovisio Masciago dove viveva anche la ragazza. E dove è iniziato il suo calvario. A casa la porta è chiusa e il suono del campanello resta senza risposta. «In Italia c’è anche mio fratello e anche lui non voleva che continuassi gli studi – dice ancora la ragazza, in un italiano abbastanza pulito –. Non capisco il perché. So che mi hanno picchiato, forte, tante volte. Ma io voglio tornare nella mia scuola, finire il corso di Telecomunicazioni e poi trovare un lavoro. Non mi interessa quale, ma voglio vivere e lavorare in Italia».

Continua a ripetere il nome del nostro Paese, che sente sempre più suo. A complicare ulteriormente la situazione, però, c’è la questione sentimentale: «A me piace un ragazzo pakistano ma a loro no – continua –. Io voglio stare con lui, mentre vogliono che mi sposi con un altro». L’ultimo contatto con i carabinieri risale all’11 luglio: la giovane ha riferito di trovarsi ancora nella città di Lahore, assieme alla sorella, e di essere ancora impossibilitata a causa della privazione dei suoi documenti a far rientro in Italia. Il nostro Paese è ancora lontano: «Ma io voglio tornare, vi prego aiutatemi», è il suo grido da oltre 5mila chilometri di distanza.