Quando Puccini visse (di nascosto) a Monza

In fuga dalla Toscana con la sua amante incinta, in corso Milano compose l'Edgar

Giacomo Puccini (foto repertorio)

Giacomo Puccini (foto repertorio)

Monza, 10 febbraio 2019 – Negli anni 1886 – 87/ in questa casa/ove gli nacque il figlio Antonio/e compose parte dell’opera “Edgar”/GIACOMO PUCCINI/visse da bohèmien/maturando in cuor suo/il dono imminentissimo/di armonie sublimi/e melodrammi eterni/Monza memore pose”

Sull’architrave di un elegante edificio al numero 18 di corso Milano, a due passi dal centro di Monza, si può scorgere questa piccola targa, destinata a passare quasi inosservata a chi cammina frettoloso e distratto, ma che in poche battute racconta una storia che merita di essere ricordata. Perché in questa vecchia casa per due anni visse un musicista destinato a divenire uno dei più grandi compositori italiani, autore di opere liriche immortali come Madama Butterfly, La bohème, Tosca o Turandot. Si chiamava Giacomo Antonio Domenico Michele Secondo Maria Puccini, nato a Lucca il 22 dicembre 1858 e morto a Bruxelles, il 29 novembre 1924

VITA GRAMA

A Monza Giacomo Puccini ci era arrivato al termine di una fuga. Legato sentimentalmente a una donna di Lucca, Elvira Bonturi, aveva cercato sulle verdi colline brianzole un rifugio quando la donna, rimasta incinta del compositore, non era più riuscita a nascondere la gravidanza. Perché si dà il caso che Elvira fosse già sposata con un commerciante di Lucca, Narciso Gemignani. Ed era forte il timore che il marito, che pure ormai era a conoscenza della tresca, potesse un giorno venire a reclamare la moglie con la forza o che quest’ultima potesse venire addirittura arrestata come adultera per abbandono del tetto coniugale. Non a caso, per confondere le tracce, lo stesso Puccini mise in giro ad arte false voci: ad esempio che Elvira fosse scappata a Palermo, mentre anche nelle sue lettere ai familiari si raccomandava di non fare mai menzione dell’indirizzo in cui la coppia fedifraga aveva trovato rifugio, ma anzi di imbucare la corrispondenza alla stazione di Lucca, dove la cassetta veniva svuotata da personale della ferrovia, ritenuto evidentemente meno incline ai pettegolezzi dei postini di Lucca.

Puccini si fece dunque aiutare dal caro amico e librettista Ferdinando Fontana, che prima gli trovò un nascondiglio di fortuna vicino alla sua casa di Caprino Bergamasco, poi individuò qualcosa di più stabile a Monza: in una casa vicino alla ferrovia, non troppo vicina alla più pericolosa Milano. E così per due anni, fra il 1886 e il 1887, la coppia del peccato si rintanò in corso Milano. Anni difficili e di estrema povertà: i fasti e il successo che un giorno avrebbero arriso a Puccini ricoprendolo d’oro in virtù del suo genio erano ancora là da venire. Tanto più che di bocche da sfamare ce n'erano addirittura quattro, contando anche i bambini: quella della piccola Fosca, prima figlia di Elvira Bonturi e del suo marito legittimo; e quella del piccolo Tonio, il figlio della colpa, che era nato appunto a Monza. E il cui certificato di battesimo è conservato tuttora alla parrocchia di San Biagio. Non una vita felice peraltro quella dell’unico figlio di Giacomo Puccini: nell’epistolario del compositore e di quella che solo anni dopo diverrà la sua legittima moglie, c’è traccia di come il piccolo, nonostante certo non avesse alcuna responsabilità, non sia mai accettato dalle due famiglie di origine. E nonostante i tentativi di un padre che si dimostrò severo fin quasi all’eccesso, Tonio Puccini non riuscì mai a combinare nulla di notevole nella propria vita, schiacciato forse dall’ingombrante ombra paterna.

Gli anni monzesi videro Puccini barcamenarsi per racimolare qualche soldo. Mentre lavorava alla composizione dell’Edgar, Puccini si era risotto a suonare il pianoforte per le ricche famiglie brianzole nelle loro “ville di delizia”, mentre Elvira ricamava i corredi per le fanciulle di buona famiglia. Una lettera scritta da Puccini dieci anni più tardi alla sua Elvira ricorda tuttavia con una certa commozione gli anni monzesi: “Cara Topisia, ricordi quei giorni con Tonio appena nato, con Fosca piccola che tu non sapevi più cosa fare per farla smettere di piangere? Quel rigido inverno che ci faceva battere i denti? Quelle lunghe notti in cui tutt’e quattro dormivamo nel letto grande per scaldarci? Bei tempi quelli! Indimenticabili, quando pareva che tutta la vita ci sorridesse intorno e il mondo fosse tutto bello. Ho nostalgia di quei giorni così gelidi ma mai più così caldi”.

MUSICA E MOTORI

Fra le passioni di Giacomo Puccini ci furono i motori e quando anni dopo il suo soggiorno a Monza era ormai divenuto ricco il compositore tornò spesso in Brianza per scampagnate con la sua automobile, una “Sizaire et Naudin”. In compagnia, come scrive lui, degli “amici monzesi”, fra cui si annoverano artisti come i pittori Emilio Borsa e Pompeo Mariani e il soprano Gemma Bellincioni. Una passione per i motori che proprio a Monza troverà terreno fertile, con l’apertura nel 1922 dell’Autodromo. E in una delle sue ultime lettere prima di morire, scritta nella primavera del 1924, Puccini esprime il desiderio di assistere come spettatore al Gran Premio d’Italia allestito proprio in quel circuito. Non ci riuscirà.