Primi casi di Covid in carcere tre detenuti positivi al tampone

Il sindacato Uil di polizia penitenziaria: "Si tratta di nuovi giunti, due italiani e uno straniero portati in via Sanquirico dopo l’arresto. Non hanno avuto alcun contatto con gli altri reclusi"

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di Marco Galvani

Primi casi di Covid tra i detenuti in carcere a Monza. Tre le persone risultate positive al tampone, due italiani e uno straniero: secondo quanto denunciato dal sindacato Uil polizia penitenziaria si tratta di cosiddetti ‘nuovi giunti’, portati in via Sanquirico dopo l’arresto avvenuto nei giorni scorsi e che quindi non hanno avuto alcun contatto con gli altri detenuti (567 di cui 267 stranieri in base all’ultimo censimento ufficiale certificato dal ministero della Giustizia al 31 agosto) già presenti nella casa circondariale monzese.

Al loro ingresso - come avviene per chiunque varchi il passo carraio del carcere, agenti di polizia penitenziaria, educatori e volontari compresi - sono stati visitati nella tenda allestita per il triage. Accertata la positività, i tre detenuti sono stati immediatamente accompagnati in isolamento nella sezione appositamente creata vicino all’area medica dell’istituto dove trascorreranno le due settimane di quarantena.

Nessun rischio, dunque, per il resto della popolazione del carcere che resta ‘protetta’ nelle normali sezioni di detenzione. La situazione è sotto controllo, merito anche di una guardia che non è mai stata abbassata proprio per garantire la massima protezione non soltanto dei detenuti, ma anche di tutto il personale dell’istituto di pena. Eppure, "senza nulla togliere alle disposizioni sicuramente già emanate in merito a un’eventuale quarantena precauzionale che, giustamente, sono opportune per la tutela e la salvaguardia della salute di tutte le persone, non è possibile nascondere la preoccupazione degli agenti", mette in evidenza Calogero Marullo della segreteria regionale della Uil polizia penitenziaria. Lo ha fatto con una lettera inviata alla direttrice del carcere Maria Pitaniello, al provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria Pietro Buffa e all’Agenzia di tutela della salute chiedendo di "sottoporre al tampone o al test sierologico tutto il personale di polizia penitenziaria e sanitario che è stato a contatto con i detenuti risultati positivi, soprattutto per portare serenità e tranquillità tra tutto il personale". Agenti che quotidianamente, all’inizio di ogni turno, vengono sottoposti al controllo della febbre.

Mentre sul fronte dei dispositivi di protezione, "ogni settimana – spiegano dal sindacato – riceviamo tre mascherine a testa, quindi una dobbiamo farcela durare un paio di giorni quando, invece, dovrebbe essere cambiata almeno quotidianamente. Comunque cerchiamo tutti di garantire la massima sicurezza e tutela". La gestione dei colloqui dei detenuti con i loro famigliari viene mantenuta sotto rigidi protocolli: un colloquio di persona per un’ora al mese e con un unico parente, mentre gli altri contatti avvengono a distanza con una videochiamata.