L’Inps rivoleva i soldi della pensione, battaglia vinta dopo due anni

La storia di Cecilia Crippa: su quei 9mila euro pagate anche le tasse di ANTONIO CACCAMO

Cecilia Crippa, operaia vimercatese di 57 anni

Cecilia Crippa, operaia vimercatese di 57 anni

Vimercate, 4 febbraio 2016 - Cecilia Crippa, un’operaia di Vimercate di 57 anni costretta dalla burocrazia a diventare paladina dei diritti, ha vinto la sua battaglia contro l’Inps. L’ente di previdenza pretendeva che restituisse quasi 9.000 euro. Soldi che aveva ricevuto in più, dopo la morte del marito, per i calcoli sbagliati fatti dalla stessa Inps. «Perché devo pagare se non è mio l’errore?», si è chiesta. Detto, fatto. Ha trovato un bravo avvocato di Concorezzo e ha presentato ricorso contro la pretesa avanzata dal gigante delle pensioni pubbliche. Ci sono voluti due anni ma alla fine le hanno dato ragione. È successo che davanti al Giudice del lavoro di Milano la stessa Inps ha ritirato la richiesta degli arretrati. Poche settimane fa dal Tribunale è arrivata la conferma che anche per la giustizia la pratica era da considerarsi chiusa.

Per Cecilia Crippa è stata la fine di un incubo cominciato alla fine del 2013 quando l’Istituto di previdenza si accorge di aver sbagliato a calcolare la pensione di reversibilità del marito morto nell’agosto 2011: non avrebbe dovuto versare un assegno mensile di 682 euro ma di 413 euro. Dunque: la differenza di 269 euro andava restituita per tutti i mesi in cui era stata pagata. Significava che la signora Crippa avrebbe dovuto ridare all’Inps quasi 9mila euro di soldi «indebitamente percepiti», su cui ci aveva pagato pure le tasse: più di 5.000 euro. «Solo che io non avevo colpe. Mi ero limitata a presentare la domanda al caf e la documentazione richiesta», racconta. Non sapeva neppure dove andare a trovare tutto quel denaro, anche pagando a rate come le aveva proposto l’Inps. «Con il mio solo stipendio come avrei fatto? Ero disperata, non riuscivo a dormire di notte. E stavo male all’idea che la mia vita era sconvolta perché qualcuno aveva sbagliato a fare dei conti».

Per l'Inps si era trattato di un errore del sistema. Qualunque sia stata la causa dell’errore il suo avvocato ha trovato un appiglio a cui aggrapparsi: due codicilli che sono risultate determinanti nella battaglia in tribunale. Lei li ricorda ancora: «La legge 412 negli articoli 13 e 52, pubblicata anche sul sito internet dell’Inps, dice con sufficiente chiarezza che l’ente erogatore non ha nulla da pretendere se l’utente non ha commesso dolo o irregolarità». Alla fine se n’è convinta la stessa Inps. Ora giustizia è stata fatta: «È stata anche una battaglia di principio - racconta l’operaia – E sono contenta di averla combattuta. Pensi che da quando la mia storia è venuta fuori sulle pagine del Giorno mi ha chiamato gente anche dalla Toscana con il mio stesso problema». Quale morale ne ha tratto? «Che bisogna verificare fino in fondo ogni richiesta di pagamento che arriva dalla pubblica amministrazione: come è successo a me può nascondere un’ingiustizia a cui non bisogna sottomettersi».

di ANTONIO CACCAMO