Palazzi e supermercati, la Brianza del cemento

Nel 2021 sono stati consumati 190 metri quadrati di suolo per abitante (a Monza 133), bruciati oltre 16mila ettari. Lissone maglia nera

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di Marco Galvani

La Brianza è "una città infinita", la battezzerebbe il sociologo Aldo Bonomi. Una terra tenuta insieme dalla cultura del lavoro e dell’impresa. La Brianza è "il regno del binomio villetta-capannone".

Che oggi è ormai più palazzi-supermercati. Ma il risultato non cambia. Anzi, peggiora.

E addio verde Brianza, provincia con la percentuale di suolo artificiale più alta in Italia. Lo dicono gli ettari costruiti e il verde sacrificato. Con Lissone che si conferma la città più cementificata: il 71,3% del territorio è costruito, il prezzo che da anni la città sta pagando usando la moneta urbanistica per pagare interventi e servizi efficienti.

Sul podio brianzolo delle città più “artificiali“ anche Muggiò (61,9%) e Nova Milanese (60,5%).

Cornate d’Adda, invece, è il comune più verde: nel 2006 il consumo di suolo era al 17,8%, oggi è al 18,3%. Mentre nel capoluogo Monza il suolo consumato nel 2021 è cresciuto di 3,43 ettari arrivando a una percentuale del 49,4% (15 anni fa era al 48%).

"Il nostro territorio, a livello provinciale, è tra i più urbanizzati d’Europa, soprattutto la Brianza occidentale, ed è per questo che le amministrazioni devono concentrare gli interessi immobiliari sul dimesso", la linea dell’assessore all’Urbanistica di Monza Marco Lamperti.

Già la variante al Piano territoriale di coordinamento provinciale, ovvero il piano regolatore della Provincia, prevede la cosiddetta rigenerazione territoriale: in pratica, il recupero di un capannone dismesso dovrà restituire una parte dell’area al territorio.

Sottraendo all’edificabilità 4 milioni e 150mila metri quadrati di terreni, l’equivalente di circa 60 campi da calcio. In ogni caso ogni Comune può comunque imporre una ulteriore riduzione. Anche se Lissone, ad esempio, non potrà fare più nulla sul consumo di suolo visto che la superficie edificata è già oltre ogni limite. La strategia è di raggiungere progressivamente entro il 2050 la soglia 0 di consumo. Ma Monza vuole andare oltre con "un consumo negativo, obiettivo non facile, certamente ambizioso, ma possibile".

Oggi ogni monzese ha in dote 133,54 metri quadrati di cemento. Che comprendono anche quelle aree abbandonate che potrebbero diventare l’ancora di salvezza per liberare pezzi di città dal mattone.

Senza, per carità, snobbare le attenzioni di archistar – da Stefano Boeri a Citterio-Viel, da Cucinella a De Lucchi – su progetti di rigenerazione urbana. Ma allo stesso modo senza trascurare il fatto che dei circa 60mila alloggi in città, circa il 6% è sfitto. C’è edilizia in eccesso. E allora, al di là dei progetti già in cantiere (dal palazzo in costruzione in via Giuliani nell’ex Ussl al progetto ribattezzato Monza 2 all’ex tessitura Garbagnati in via Valdossola), "è inutile aggiungerne altri".

A Monza l’ultimo censimento fatto dal Comune ha certificato la presenza di 44 aree dismesse per un totale di circa 600mila metri quadrati.

"Quello è il dato ufficiale, ma in realtà – mette i puntini Lamperti -, sono molte di più, tra il 50 e il 60%. Alcuni sono edifici singoli e poi ci sono le grandi aree come l’ex Macello, l’ex Tpm, la Fossati Lamperti, il Buon Pastore, la Diefenbach lungo via Borgazzi o l’ex Pagnoni accanto al liceo Frisi".

Sono una fonte di "disagio urbanistico, ambientale e sociale", tuttavia "non possiamo più permetterci di seguire la logica che pur di recuperarle ci si può fare quello che si vuole. Quelle aree non possono essere più sprecate con spazi residenziali e commerciali".

Ecco perché "l’obiettivo è di intervenire sull’attuale Pgt che, in certi ambiti, è un po’ troppo generoso. Per questo vogliamo intervenire e due sono le ipotesi: fare una variantina di correzione da portare al voto del Consiglio comunale già nella prossima primavera oppure lavorare, anche con professionisti esterni, a una variante generale che, però, richiederà 3 anni".

Monza ha bisogno di "uno sviluppo sostenibile, con un utilizzo delle aree dismesse funzionale ai bisogni reali".