Monza, Claudia Mori e la altre spogliate “per finta”

Assieme volti noti come Ornella Vanoni, Lara Saint Paul o Aba Cercato protagonista di un processo pruriginoso mezzo secolo fa

L'aula del processo

L'aula del processo

 

Monza, 17 aprile 2023 - C’è Claudia Mori , già artista, attrice e cantante di fama, sposata da qualche anno con Adriano Celentano, alias il Molleggiato. Ma ci sono anche anche la cantante Ornella Vanoni oppure Sabina Ciuffini, showgirl già in rampa di lancio, che di lì a poco sarebbe stata scelta come valletta del Rischiatutto , il popolare quiz televisivo presentato da Mike Bongiorno. E poi ci sono anche altri personaggi, che oggi non sono più di particolare fama, ma che cinquant’anni fa campeggiavano spesso sulle pagine di rotocalchi e giornali: come Lara Saint Paul, che in realtà si chiama Silvana Savorelli ed è una bella cantante italo-eritrea molto in voga in quegli anni, oppure Aba Cercato, “signorina buonasera”, come si usava definire a quei tempi le annunciatrici televisive.

Sono le protagoniste di un processo che tiene banco per alcuni mesi al Tribunale di Monza e si conclude soltanto nel 1973 con una sentenza destinata a fare scuola. Le protagoniste di questa vicenda avevano infatti trascinato in aula il direttore responsabile di una rivista a sfondo erotico molto in voga in quegli anni, accusata di aver pubblicato una serie di loro immagini osé corredandole di stralci di interviste allusive e piccanti al pari delle immagini pubblicate.

In particolare, le summenzionate attrici, cantanti e soubrette sostenevano che le immagini della rivista, scattate da agenzie specializzate mentre mostravano ad esempio Lara Saint Paul o Claudia Mori sorridenti sulla spiaggia in costume da bagno piuttosto che Sabrina Ciuffini in abiti piuttosto succinti, non avevano mai posato per quel giornale. Anzi, neppure per le presunte agenzie fotografiche. Né tantomeno – a loro detta – si erano mai prestate alle interviste pubblicate.

La questione, pruriginosa, tiene banco per qualche mese nelle chiacchiere di bar e negozi di parrucchiere. Soprattutto per l’annunciata presenza delle protagoniste a Monza, chiamate a deporre in Tribunale per difendere la propria onorabilità messa in discussione.

Grande curiosità suscita la presenza in città di tante star, memorabile ad esempio l’arrivo di Claudia Mori, descritta dai cronisti dell’epoca come "elegantissima in un soprabito di seta beige foderato di pelliccia di zibellino". Le attenzioni magg iori si riversano proprio su di lei, forse il personaggio più celebre di quel processo, che in aula non lascia adito a dubbi, rilasciando una deposizione molto recisa e sicura: "Ho iniziato a recitare fin da bambina smettendo quando mi sono sposata, ho ripreso da poco, nessuno dei film da me girati era comunque a sfondo erotico e pertanto mai sono apparsa in maniera sconveniente".

Punto e basta. E a conclusione della sua deposizione, la Mori aggiunge, a togliere inequivocabilmente ogni dubbio a proposito delle proprie intenzioni: "Non chiedo soldi per me, è soltanto una soddisfazione di ordine morale che voglio appagare perché nessuno ha diritto di denudare una persona, specialmente se questa persona ha caratterizzato la sua vita con una condotta lineare e onesta". Il contegno della Mori colpisce i giornalisti. E gli stessi fotografi, sorpresi a immortalarla mentre sfoglia la rivista incriminata e ai quali subito intima: "No, con questa roba davanti non voglio".

"Non solo non ho autorizzato tale pubblicazione – aggiungerà in aula - ma neppure ho rilasciato ad alcuna rivista interviste piccanti e nemmeno ho accondisceso a spogliarmi per fini pubblicitari".

E conclude assicurando ancora una volta che avrebbe devoluto la somma chiesta come risarcimento dei danni a un ente di assistenza di Milano, i Martinitt , che accolgono e crescono gli orfanelli e i bimbi abbandonati. Il clima si surriscalda, i reciproci avvocati vengono più volte ripresi mentre battibeccano. La verità si scoprirà soltanto dopo qualche mese. Le donne in questione avevano ragione, non avevano mai posato per quegli scatti, che si erano dimostrati come autentici falsi: a spogliarle era stato un pittore, che aveva realizzato ritratti piccanti in atteggiamento sexy. Molto somiglianti, ma inequivocabilmente falsi.

Per l’offesa alla dignità e al decoro, oltre che per l’oltraggio alla reputazione, il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a un anno e un mese di reclusione e 200mila lire di multa. Il giudice aveva accolto le richieste, addirittura aumentando la condanna fino a 2 milioni di lire. Andati in beneficenza? Non è dato sapere, anche se non abbiamo motivo di pensare il contrario.