Monza, le lettere dei detenuti al direttore mandate al macero

Denuncia di un sindacalista Cobas: errore in carcere. Senza bollo e intestazione sono distrutte

Carcere

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Monza, 22 marzo 2019 - "Il sottoscritto  chiede alla direttrice di questo istituto di detenzione di potere se possibile effettuare quattro telefonate mensili alla mia famiglia in Marocco. Non faccio colloqui e il telefono è l’unico mezzo per sentire i miei familiari. Ringrazio anticipatamente per la cortese attenzione".

Attenzione che non avrà mai. Perché la direttrice, la sua richiesta scritta non la riceverà mai. Finita al macero insieme ad altre decine di “comunicazioni interne” alle carceri lombarde che, per errore, arrivano al centro meccanizzazione postale di Peschiera Borromeo, insieme alla posta ordinaria.

Sono buste bianche che i detenuti utilizzano per avanzare specifiche richieste o comunicazioni personali alla direzione del carcere in cui si trovano. E per questo non riportano indirizzi né tantomeno timbri o francobolli. Una corrispondenza che quotidianamente viene portata – come tutte le lettere che i reclusi vogliono spedire all’esterno dell’istituto e che quindi devono avere indirizzo del destinatario e francobollo – in un apposito ufficio del carcere che si occupa dello smistamento e del controllo della posta sia in entrata sia in uscita. Ma nel sacco consegnato al portalettere ci finiscono pure le buste interne. E vengono portate al centro di Peschiera, il più grande d’Italia dove viene smistato il 40 per cento della corrispondenza che circola nel nostro Paese con 2 miliardi di “pezzi” all’anno tra lettere, cartoline e pacchi.

Novecento addetti (compresi quelli della succursale all’aeroporto di Linate) che hanno competenza sui prodotti postali delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza, Brescia, Cremona, Mantova, Pavia e Piacenza per un bacino di oltre sette milioni di residenti. Compresi i detenuti ospiti nelle carceri di quelle otto province.

Ma "quando ci capita tra le mani una busta senza intestazione, finisce al macero - chiarisce Stefano Ancona, sindacalista dell’esecutivo nazionale del Cobas Poste -. Comprese quelle del carcere che erroneamente finiscono a Peschiera Borromeo. A volte sulla busta c’è la scritta “posta interna“, ma se è chiusa non possiamo certo aprirla per capire da quale istituto di pena arriva e rispedirla indietro. Quindi viene distrutta. Casi di questo tipo capitano quotidianamente, anche dieci in un solo giorno, la maggior parte dal carcere di Monza". E intanto dietro le sbarre, i detenuti continuano ad aspettare, invano, la “cortese attenzione”.