Matthew Lee, il mio piano suona il rock

Concerto gratuito al Manzoni in occasione della presentazione della stagione teatrale

Matthew Lee porterà i suoi successi e l’ultimo album

Matthew Lee porterà i suoi successi e l’ultimo album

Monza, 20 settembre 2018 - Lo stile selvaggio, la carica ribelle del rock’n’roll, un pianismo istintivo, spontaneo. Talentuosamente arrogante. Eccentrico e virtuoso tra il bianco e nero della tastiera del piano. Che non suona solo alla «classica» ma stupisce pure coi gomiti, i piedi, da sotto la tastiera e voltando le spalle. L’hanno definito in tutto il mondo uno «straordinario performer». Lui, Matthew Lee - all’anagrafe di Pesaro Matteo Orizi classe 1982 - è un genio del pianoforte innamorato pazzo del rock’n’roll che aveva imparato a conoscere consumando i dischi di Elvis del padre, anche lui musicista. Una decina d’anni di Conservatorio senza arrivare al diploma perché «nel frattempo avevo scoperto il rock’n’roll», l’esigenza di suonare dal vivo, per la gente.

«Alla vecchia» come Johnny Cash o Roy Orbison. Perché «è lì che impari le basi». Con Elvis, Ray Charles, Elton John, Jerry Lee Lewis. Ecco, appunto, Lee. Come tanti bluesman degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta e come il chitarrista country Albert Lee. «Me lo sono dato anch’io, inglesizzando il mio nome - racconta Matthew -. Avevo quindici anni e allora ascoltavo solo musica americana. È iniziato qualsi per gioco, suonava bene un po’ come Terence Hill, e poi è rimasto». Il talento, invece, quello è cresciuto con la saggezza di chi ha saputo trovare la chiave per mettere insieme generi all’apparenza sconnessi tra loro, rock’n’roll, jazz, blues, boogie woogie, pop, gospel, honky tonk e classica. Rock e Beethoven. Alla continua ricerca di un sound unico, a modo suo.

«Qualcuno mi dice che sono un pianista un po’ matto ma io faccio solo quello mi piace, suonare non secondo le modalità classiche ma inventando sempre ogni cosa», confessa. E così i suoi concerti diventano degli show. Emozionanti, emozionali e geniali. Il passato riletto con suoni moderni. Nulla è legato al valvolare anni Cinquanta. Matthew s’è (re)inventato un genere. Quello in tanti associano ai rocker bianchi della prima ora, proprio come Jerry Lee Lewis. Un fenomeno degli 88 tasti che ha fatto dischi, tra cover e inediti, e che ha collezionato oltre mille concerti ad ogni latitudine. Sabato Matthew sarà a Monza al teatro Manzoni, per un live gratuito che inizierà subito dopo la presentazione della nuova stagione teatrale (dalle 21, ingresso libero fino a esaurimento posti). Porterà il suo passato e l’ultimo album - «Pianoman» - che «credo sia il più bello di tutti per la sua unità di suono, ma non so se è quello della maturità». Anche perché «per la prossima primavera dovrebbe uscirne uno nuovo».