Dal tosaerba di casa al tornio killer: salvati dai "maghi" della mano

Ogni giorno a Monza arrivano i casi più delicati da tutta la Lombardia, ben 1.800 lo scorso anno. Ad affrontare le emergenze l’équipe di soli 8 medici operativa 24 ore su 24 diretta da Massimo Del Bene

Operazione

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Monza - Il volo in elisoccorso dalla provincia di Brescia fino a Monza, un lungo e delicato intervento chirurgico e il primo sospiro di sollievo. È stabile e resta in prognosi riservata il bimbo di due anni gravemente ferito all’ora di pranzo di mercoledì dal tosaerba del nonno nel giardino di casa. Ferite profonde. Il piccolo rischiava l’amputazione di un piede, ma l’équipe di Chirurgia plastica, Chirurgia della mano e Microchirurgia del San Gerardo di Monza è riuscita a rivascolarizzare e salvare l’arto.

Come già aveva fatto un anno fa reimpiantando il braccio sinistro amputato dopo essersi impigliato in un tornio a un operaio di 21 anni portato d’urgenza a Monza dalla provincia di Sondrio. Infortuni sul lavoro, incidenti domestici e stradali. Anche aggressioni. Emergenze quotidiane, che si sommano agli interventi chirurgici programmati. Emergenze che ormai arrivano da tutta la Lombardia. Trasformando, di fatto, il San Gerardo in un centro di riferimento regionale per le urgenze, anche pediatriche. Struttura di secondo livello per la gestione dei casi complessi agli arti superiori, l’unità operativa diretta da Massimo Del Bene garantisce due chirurghi reperibili 365 giorni all’anno, 24 ore su 24.

Una dotazione calibrata sul bacino geografico dell’Asst di Monza, ma che ogni giorno viene chiamata in servizio per i casi più gravi di tutta la Lombardia. Un’équipe di soli 8 medici, un reparto con 10 posti letto di ricovero e altri 6 per il day hospital, e un’attività in sala operatoria che negli ultimi due anni, nonostante il Covid, è riuscita a garantire 1.500 interventi nel 2020 e altri 1.800 lo scorso anno (di cui 384 in urgenza). Mentre per quest’anno la prospettiva è di arrivare a oltre 2mila (di cui circa 400 in urgenza). E poi c’è il trapianto di arto, quella "porta aperta su un sentiero che nessuno conosce". Un trapianto che, nel risultato a ormai 12 anni dall’intervento, è unico al mondo.

Perché oggi, grazie all’utilizzo delle cellule staminali mesenchimali autologhe per ridurre al minimo la somministrazione di farmaci anti-rigetto dopo il trapianto, la paziente è passata da 26 pillole al giorno a una soltanto, con un dosaggio al di sotto della soglia terapeutica. La paziente è Carla Mari, casalinga di Gorla Minore che nella notte dell’11 ottobre del 2010 è stata sottoposta al doppio trapianto di mani che le ha restituito una nuova vita. Merito anche della tecnica all’avanguardia delle cellule staminali che molte scuole americane stanno utilizzando e che - visti i risultati raggiunti - ha permesso di abbassare l’età dei potenziali pazienti.

E infatti ha solo 30 anni il prossimo candidato al doppio trapianto di arti. È un ragazzo che oggi è costretto a utilizzare protesi mioelettriche dopo essere stato vittima nel dicembre del 2017 di un terribile incidente con un petardo fatto in casa. Un’esplosione improvvisa, mentre maneggiava il petardo, gli ha dilaniato le mani. Portato inizialmente all’ospedale di Niguarda, dove i medici non hanno potuto fare altro che amputargli gli arti superiori, il ragazzo ora è seguito a Monza. L’équipe è in allerta. In attesa di un donatore.