Monza, il macellaio dei vip che vuol bene agli animali: tra i clienti anche Berlusconi

Da Galliani ai Rovati della Rottapharm fino ai Colombo della Colmar, la centenaria bottega è oggi un atelier della carne: "Qualità ed ecosostenibilità"

Luigi Ambrogio Parma, detto Gigi, nella sua macelleria

Luigi Ambrogio Parma, detto Gigi, nella sua macelleria

Monza - Da quasi un secolo (1923), la sua “bottega” vende carne ai Monzesi. Una ventina di giorni fa dalla Regione è arrivato il certificato di attività storica. Da 10 anni è segnalata ininterrottamente sulla guida del Gambero Rosso. Fra i clienti, anche se con tipica ritrosia brianzola non si nominano mai, ci sono alcuni dei più grossi nomi dell’imprenditoria e dell’alta borghesia brianzola. Da Silvio Berlusconi ad Adriano Galliani, dalla famiglia Colombo della Colmar ai Rovati delle Rottapharm. Al timone di quella “bottega”, da più di vent’anni, c’è un monzese doc. Schivo, senza fronzoli: "Mi chiamo Luigi Ambrogio Parma, ma tutti mi conoscono come Gigi. Ho 58 anni e faccio il macellaio da quando ne avevo 15".

La sua macelleria, in via Col di Lana, al quartiere San Biagio, è probabilmente la più antica della Brianza. "La mia famiglia viveva alla Corte Volpina, dalle parti di viale Libertà. Mio papà faceva l’allevatore di bovini. Io sono cresciuto fra stalla e allevamento. E, a scuole dell’obbligo terminate, ho iniziato subito a dare una mano a quello che macellava i bovini di papà. La mia passione è nata così. E sin da ragazzino ho imparato l’importanza della qualità". Dopo 10 anni sotto padrone, cominciati nel 1979, la prima svolta. "Venni chiamato da uno storico macellaio di Monza, Gianni Assi: aveva bisogno di un ragazzo che gli desse una mano. A 24 anni sono entrato nella sua macelleria, e ho cominciato a immaginare".

Gigi Parma è molto di più di un giovane macellaio. Ha visione. Ha l’intuizione, la perseveranza brianzola. "Dopo 10 anni in via Prina, sono entrato in società". "Da negozio tradizionale, ho visto possibilità di sviluppo. Nel ’93 abbiamo ristrutturato tutto, a fianco della carne abbiamo cominciato ad aggiungere preparati pronti, salumeria di qualità, vini, ci siamo raffinati". Vent’anni fa, il “vecchio” Assi fa un passo indietro, il giovane Parma è pronto. Amplia la clientela, e continua a investire. "Ho rifatto i laboratori, ho aggiunto anche la regalistica di alimentari, le confezioni, le bottiglie di vino di super eccellenza". Nascono le prime linee personalizzate con il brand “Parma”, dal vasetto di sottaceti al foie gras, dal tartufo al caviale alle scatole con prodotti dolci e salati. Da 2-3 dipendenti, si sale a una decina. Il fatturato supera il milione e mezzo di euro. La macelleria Parma cresce.

Anche nell’immaginario. Sotto Natale, luci sfavillanti illuminano le vetrine, la carne adagiata su specchi, l’eleganza anche nelle confezioni. Parma intuisce come cavalcare l’onda, anche nei momenti più complicati. Quando esplode il caso “Mucca Pazza” e le macellerie tradizionali si ritrovano travolte dalla fobia, in via Prina si inventano “il funerale della Fiorentina”. Finisce su tutti i giornali.

"Finché ci siamo accorti che non ci stavamo più e oltre a quella in via Prina, dove sono rimasti laboratorio e showroom, abbiamo aperto una nuova sede più grande in via Col di Lana, sempre a San Biagio: 300 metri quadri, 2 piani, con caffetteria e possibilità di consumare e bere sul posto". Da boutique della carne, la macelleria Parma si trasforma in “atelier”. "Anche se la carne è sempre rimasto il nostro fiore all’occhiello, abbiamo ampliato la nostra offerta fino al pesce".

A un certo punto arriva anche l’esperienza estera. "Per qualche anno, mandavamo a Londra una selezione dei nostri prodotti, dalla luganega alla trippa alla cassoeula: un pezzo di Brianza. A due passi dalla City si poteva gustare il vero risotto alla monzese". Oggi la carne sembra essere diventata il male. Animalisti, vegani ed ecologisti ce l’hanno a morte con voi. "Mio papà diceva: “bisogna voler bene all’animale fino al suo ultimo giorno, devi crescerli come se fossero tuoi figli“. Lavoriamo con un solo macellaio in Piemonte: scegliamo l’animale sin da giovane e lo seguiamo fino alla macellazione. Un bovino a settimana, senza sprechi o sovraproduzioni, qualità ed ecosostenibilità sempre al primo posto".

E il caro bollette? La macelleria è un’impresa energivora… "Sono diventate una follia, solo di elettricità siamo passati da 2mila a 5mila e 500 euro al mese". Senza abbattersi, però. "Di recente abbiamo fatto un grosso investimento, un macchinario che riesce a recuperare il calore prodotto dalla cella frigorifera per andare a riscaldare l’ambiente in cui si lavora".

È così bello fare il macellaio? "Fai questo lavoro solo se lo ami, sacrificando anche la tua vita privata. Sette giorni su sette. Mi alzo alle 5.40 e resto in negozio fino alle 21.30, senza contare i viaggi per andare a visitare allevamenti, fiere, laboratori: perché scegliere i prodotti è importantissimo ma tutta la mia macelleria è la mia famiglia. Il mondo corre a una velocità enorme e per stare al suo passo bisogna correre come e più di lui. Produciamo eccellenza, l’on line non fa per noi: ci ho pensato, ma andrebbe a incidere sulla catena del freddo, nei miei prodotti non ci sono conservanti". La richiesta più impegnativa da soddisfare? "Un cliente aveva dovuto trasferirsi in Canada ma voleva continuare a gustare il salame brianzolo anche lì. Non è stato semplice ma… ci siamo riusciti".