Lugarà fu l’unico a finire in carcere ma un’intercettazione lo scagiona

Secondo il legale Luca Ricci la giudice fu tratta in errore: "Ora andiamo avanti con fatica ma con serenità al processo"

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L’unico a finire dritto in carcere il 26 settembre del 2017 per l’inchiesta Seregnopoli è stato il costruttore Antonino Lugarà. L’immobiliarista di origine calabrese trapiantato in Brianza aveva lasciato la cella del carcere di Monza per motivi di salute il 9 ottobre seguente e una decina di giorni dopo il Tribunale del Riesame ne aveva disposto la liberazione per mancanza di gravi indizi di colpevolezza.

Allora l’operazione dei carabinieri di Desio e Milano era stata un terremoto per 23 misure di custodia cautelare e anche sospetti di legami con la ‘ndrangheta che avevano fatto commissionare la Giunta. A tre anni da quei fatti, ancora la Procura ha chiesto il carcere per gli imprenditori Giussani e Vendraminetto e gli arresti domiciliari per il collega Schiatti, per Mariani e Mazza. Ma per la gip non c’è più pericolo che giustifichi misure cautelari. "Alcune intercettazioni relative al Pac1 ora contestato per l’area di via Milano erano state addirittura attribuite alla vicenda per cui è accusato Lugarà - ricorda il difensore del costruttore, l’avvocato Luca Ricci - Poi è stato chiarito che la parola incomprensibile dell’intercettazione che aveva tratto in errore la gip era in realtà Pac1.

Dal canto nostro, avevamo ottenuto ai tempi la revoca della misura cautelare dal Tribunale del Riesame per assenza dei gravi indizi di colpevolezza e ora andiamo avanti con fatica ma con serenità per dimostrare l’inconsistenza dell’accusa".