La morte dell’ambasciatore Due funzionari Pam nei guai

Per Salvatore, il papà di Luca Attanasio, la svolta non è una sorpresa "Abbiamo sempre sospettato del coinvolgimento di queste persone"

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di Gabriele Bassani

Due funzionari del Programma alimentare mondiale Onu rischiano il processo a Roma per la morte dell’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio, del carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci e del loro autista. Stando a quanto emerso dalle indagini della Procura di Roma, i due dipendenti del Pam, Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza, avrebbero "omesso, per negligenza, imprudenza e imperizia - è scritto in una nota della Procura - secondo la ricostruzione effettuata allo stato, che risulta in linea con gli esiti dell’inchiesta interna all’Onu, ogni cautela idonea a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti alla missione Pam che percorreva la strada Rn2 sulla quale, negli ultimi anni, vi erano stati almeno una ventina di conflitti a fuoco tra gruppi criminali ed esercito regolare".

Salvatore, il papà di Luca, non è stupito: "Noi, come famiglia, abbiamo sempre sospettato del coinvolgimento di queste persone, che tra l’altro sono state testimoni oculari di quel drammatico evento". Secondo l’accusa, i due indagati avrebbero mentito non inserendo i nomi di Attanasio e Iacovacci, l’uomo della scorta, nella lista delle persone che componevano il convoglio della missione di pace Monusco. Al loro posto, scrive la procura, c’erano i nomi di altri due dipendenti Pam "così da indurre in errore gli uffici in ordine alla reale composizione del convoglio". Un’omissione commessa di proposito, per ottenere più rapidamente i permessi e "in quanto non avevano inoltrato la richiesta, come prescritto dai protocolli Onu, almeno 72 ore prima". Sempre nella nota della procura si legge che i due dipendenti del Pam "avrebbero omesso di predisporre le cautele richieste dalla classificazione di rischio attribuita al percorso da effettuare che, pur avendo dei tratti classificati verdi cioè a basso rischio, aveva anche delle parti classificate gialle, cioè a rischio medio che avrebbero imposto di indossare, o avere prontamente reperibile il casco e il giubbotto antiproiettili".

Ulteriore passaggio sconcertante quello in cui la Procura rivela che i due "in presenza di un ambasciatore, che rappresentando il proprio Paese, costituisce soggetto particolarmente a rischio, e dopo aver dato assicurazioni al carabiniere Iacovacci, a seguito delle sue richieste, di poter usufruire di veicoli blindati (che il Pam aveva in dotazione a Goma), e che le misure di sicurezza base sarebbero state incrementate, (avrebbero omesso ndr) di approntare ogni utile ulteriore misura di mitigazione del rischio".