Seregno, prostituzione in centro massaggi: Kyra Kole chiede i domiciliari

L'avvocato ha parlato di "situazione paradossale per una persona incensurata" e di "eccessiva durezza" da parte del gip di Monza

Il vero nome dell’ungherese è Edyna Greta Gyorgy

Il vero nome dell’ungherese è Edyna Greta Gyorgy

Monza, 17 aprile 2019 -  Kyra Kole, la dj soubrette in carcere dalla scorsa settimana dopo essere stata arrestata dai carabinieri con l'accusa di sfruttamento della prostituzione nel suo centro massaggi di Carate Brianza (Monza), ha presentato istanza al Tribunale del Riesame di Milano per ottenere i domiciliari.  Lo ha confermato il suo avvocato Maurizio Vinciguerra, il quale ha parlato di "situazione paradossale per una persona incensurata" e di "eccessiva durezza" da parte del gip di Monza.

Vinciguerra ha inoltre affermato che "in quel centro le ragazze erano in regola, si emettevano scontrini" ma, soprattutto "qualche massaggio forse andava troppo oltre, ma mai si sono consumati veri e propri atti sessuali, tanto che non sono stati trovati preservativi all'interno". Vinciguerra ha aggiunto "era lei a controllare le ragazze perché non andassero oltre un certo limite". Nelle prossime ore è attesa la decisione del Tribunale che, conclude l'avvocato "dovrebbe adeguare la misura al profilo della persona". 

Secondo l’accusa, la 34enne originaria di Budapest (che sul suo sito online riferisce di essere classe ‘89) si occupava personalmente del reclutamento e dell’organizzazione dell’attività delle squillo come si gestisce una vera e propria impresa: gli annunci per reperire le ragazze, a cui faceva aprire la partita Iva e pagare l’affitto per la propria stanzetta nel centro aperto nel 2017 come “attività di servizi per la persona”, la pubblicità in Rete, cinque linee telefoniche per gli appuntamenti ai clienti, che pagavano da 70 a 150 euro rigorosamente in contanti a seconda delle prestazioni. La metà dei compensi se li intascava però la 34enne, che si recava anche più volte al giorno nella sua azienda per ritirare il denaro guadagnato dalle 7 prostitute di nazionalità marocchina, ucraina, polacca e una italiana. «Se in Italia cambiassero un paio di leggi io sarei a posto», l’hanno sentita dire i carabinieri nelle intercettazioni riferendosi al business dell’attività illecita, che le avrebbe fatto guadagnare ben più dei 1.550 euro all’anno di reddito che dichiarava. Ad accendere il faro dei carabinieri della Compagnia di Seregno, al comando del maggiore Emanuele Amorosi e del capitano Daniele Brasi, non la presenza delle ragazze all’esterno del centro massaggi in abiti non esattamente da professionista delle pratiche olistiche o il continuo viavai di uomini, bensì la telefonata di una delle “lucciole” per un pesante dissidio con una collega. All’arrivo dei militari, le massaggiatrici si sono mostrate reticenti a spiegare quale fosse l’attività svolta in quei locali al piano terra e le modalità delle loro prestazioni lavorative, per timore della loro datrice di lavoro, che addirittura aveva fatto installare delle telecamere interne per controllarle. Ma ormai i sospetti avevano fatto partire le indagini.