Nova Milanese, killer del tallio: una voce nella testa gli ordinava di ammazzare

Queste le motivazioni che hanno portato all’assoluzione di Mattia Del Zotto Aveva ucciso avvelenandoli due nonni, una zia e mandato in ospedale altri tre

Mattia Del Zotto

Mattia Del Zotto

Nova Milanese (Monza e Brianza), 21 novembre 2019 - Mattia Del Zotto stato mosso a uccidere i suoi parenti “da un insieme di convinzioni, dominato da una forma di sapere oscuro e totalizzante, che ha mosso la sua mano pluriomicida facendo insorgere l’idea di sopprimere coloro che gli stavano vicini, portata da una voce che era nella sua testa, la quale gli ordinava tutti i comportamenti da tenere, indicandogli quelli buoni e quelli cattivi e tra quelli buoni rientrava lo sterminio dei suoi cari”. È quanto basta, secondo la Corte di Assise di Appello di Milano, per confermare l’assoluzione per incapacità totale di mente del 28enne ragioniere disoccupato di Nova che ha avvelenato attraverso l’acqua minerale in bottiglia i parenti, uccidendo i nonni e una zia paterni e mandando in ospedale altri due zii, i nonni materni e la loro badante.

Il giovane è stato assolto dal Tribunale di Monza e ora dovrà restare per almeno 10 anni in una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza perché ritenuto socialmente pericoloso.  Era stata la Procura di Monza a presentare il ricorso in appello contro la sentenza di primo grado, chiedendo che il 28enne venisse sottoposto a una quarta perizia psichiatrica da parte di un pool di esperti. Per l’imputato di omicidio volontario premeditato plurimo e lesioni personali gravi plurime la pubblica accusa aveva chiesto la condanna all’ergastolo, dopo che la sua perizia psichiatrica aveva concluso che il giovane risultava solo parzialmente infermo di mente: era pazzo quando ha deciso di fare fuori i familiari, ma sano quando ha lucidamente pianificato come mettere in atto il suo piano di morte. Invece i giudici di secondo grado hanno confermato la sentenza assolutorio di primo grado.

"Anche accedendo alla tesi della capacità di intendere in qualche misura conservata dall’imputato, a differenza di quella di volere, comunque esclusa - si legge nella motivazione della sentenza - risulta incontroverso che l’imputabilità richiede entrambe le attitudini e un ulteriore approfondimento peritale per accertare questa prospettazione servirebbe solo a procrastinare un risultato processuale comunque immutabile". La Corte di Assise di Appello fa anche riferimento a un altro elemento “di fondamentale importanza, il nesso temporale, in questo caso pacificamente riscontrato, inerente l’altrettanta pacificamente riscontrata psicopatologia presente al momento di commissione dei fatti, essendo risultato certo che essa abbia influito sulla reale attuazione del reato e quindi che vi sia stato un nesso di causa tra la psicopatologia e il crimine compiuto”. Dal canto loro, i parenti sopravvissuti e i familiari di quelli uccisi che si sono costituiti parti civili al processo, si erano rimessi alla decisione dei giudici. Ora spetta alla Procura decidere se sollecitare un ricorso in Cassazione.