"Io, Ponzoni, Lugarà e il prestito ad usura"

Nell’aula bunker di Milano l’imprenditore Luciano Mega ha ricostruito il rapporto di amicizia e di affari con l’ex assessore regionale e il costruttore

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"Antonino Lugarà non mi ha mai minacciato, ma è una persona che mi incuteva un certo timore. Come quando, sollecitandomi il saldo del denaro avuto in prestito, mi ha detto con tono deciso “è una partita che va chiusa, se no mando qualcuno a prendere i soldi“". Così l’imprenditore Luciano Mega, 60 anni, di Vanzago, ha descritto il costruttore calabrese di Seregno imputato al processo davanti al Tribunale a Monza di presunto voto di scambio con l’ex sindaco Edoardo Mazza per ottenere il via libera urbanistico per realizzare un supermercato. Lugarà è anche imputato di usura con l’ex assessore regionale Massimo Ponzoni (condannato con sentenza definitiva a 5 anni e 10 mesi anche per la corruzione sul Pgt di Desio) per un prestito di 100 mila euro dato da Lugarà nel 2014 e consegnato da Ponzoni a Luciano Mega, dietro pagamento (secondo l’accusa, rappresentata dai pm monzesi Salvatore Bellomo e Giulia Rizzo) di interessi usurari.

Mega si è costituito parte civile al dibattimento che, ieri, per la necessità di mantenere il distanziamento sociale causa Coronavirus, si è tenuto nell’aula bunker di piazza Filangieri a Milano. Anche se degli imputati era presente soltanto Antonino Lugarà. L’imprenditore, indagato di bancarotta fraudolenta, è stato sentito e ha ricostruito la vicenda.

"Ponzoni me lo ha presentato nel 2008 il mio grandissimo amico Massimo Guarischi in Regione quando Ponzoni era assessore regionale - ha raccontato Luciano Mega - Poi ho incontrato Ponzoni in un bar a Seregno nel 2013 quando io gestivo un consorzio di servizi e abbiamo parlato di mettere su un business insieme a Lugarà con una cava di marmo in Tunisia per venderlo in Italia. Ci siamo incontrati altre volte con Ponzoni e il figlio di Lugarà. Antonino Lugarà è poi venuto con noi in Tunisia nell’aprile del 2014, ricordo che Ponzoni era stato condannato dal Tribunale di Monza proprio in quel periodo. Eravamo diventati soci di fatto in una società, di cui soci di diritto risultavano la mia compagna, la compagna di Ponzoni e la società ‘Briantea’ di Lugarà. Ponzoni doveva occuparsi della parte commerciale, ma poi l’affare non è andato in porto perchè Lugarà non andava d’accordo con il gestore tunisino della cava e ha ceduto le sue quote".

Luciano Mega aveva anche due ristoranti, il ‘Puro’ a Milano e l’Expo’ a Cinisello Balsamo ed era in difficoltà economiche, anche per i suoi rapporti con un socio finito in un’inchiesta della Dda di Milano e sottoposto ai tempi a misure di prevenzione patrimoniale. "Ero disperato perchè stavo pagando delle cambiali e avevo bisogno di soldi - ha spiegato l’imprenditore - Ho chiesto a Ponzoni se poteva aiutarmi. Nel febbraio 2014 ho avuto da Lugarà 100 mila euro e dovevo restituirgliene 130 mila entro 3 mesi. Mi sono incontrato con Ponzoni nella sua casa a Banlieu sur Mer in Francia e lui mi ha consegnato 90 mila euro in pezzi da 500 euro. Diecimila euro se li è tenuti Massimo. Mi ha detto “Lasciami 10 mila euro”. Ho poi restituito a Lugarà 30 mila franchi svizzeri dopo la firma di una procura a vendere di un appartamento a Lugano e ho venduto a suo figlio per 80 mila euro - l’assegno firmato davanti ad un notaio di Seregno dal figlio di Lugarà è finito nelle sue tasche e sono riuscito solo a farmi fare una fotocopia - un appartamento a Gallipoli che io avevo acquistato per 200 mila euro e ho saputo che l’hanno poi rivenduto per 140 mila euro. Mi sarei aspettato che, da imprenditore galantuomo, Lugarà mi chiamasse per darmi indietro una parte del ricavato, ma non è mai accaduto".

Luciano Mega ha parlato di "sincera amicizia" tra lui e Ponzoni, sostenendo di averlo aiutato a pagare la parcella dell’allora avvocato. "Ho firmato un assegno circolare da 5 mila euro e altri 5 mila li ho portati nello studio del legale. Mi dispiace che Massimo non sia qui al processo perchè volevo guardarlo negli occhi con affetto mentre racconto del nostro rapporto", ha detto il 60enne in aula, che ha disconosciuto come sua la firma su un documento in cui c’è scritto di avere ricevuto da Lugarà 110 mila euro da restituire senza interessi.

I difensori di Antonino Lugarà, gli avvocati Luca Ricci e Gabriele Minniti, hanno puntato a dimostrare la presunta mancanza di attendibilità nella ricostruzione delle accuse mosse da Luciano Mega. La tesi dei legali è che sia avvenuto prima il prestito e poi gli affari della cava in Tunisia. Gli avvocati hanno anche evidenziato i diversi racconti che l’imprenditore ha fatto del presunto prestito ad usura nel susseguirsi dei suoi interrogatori davanti alla Dda di Milano, in cui inizialmente aveva raccontato che la consegna del denaro era avvenuta per mano dello stesso Lugarà a Montecarlo.

"E’ che per sensibilità umana volevo tenere fuori Massimo, ma poi dalle celle agganciate dai telefonini è emerso che ero stato a Banlieu sur Mer dove Ponzoni aveva la casa", ha risposto Luciano Mega. La difesa ha anche chiesto all’imprenditore di spiegare perchè non ha venduto lui l’appartamento di Gallipoli per restituire i soldi del prestito a Lugarà, visto che si è lamentato che il suo valore superava quello della somma da ridare al costruttore calabrese. "Mi ero interessato per venderlo, ma non c’ero riuscito", ha dichiarato il 60enne. Si torna in aula bunker il 20 giugno, quando sarà battaglia tra consulenti urbanistici di accusa e difesa.