Tangenti e protesi, tre nuovi indagati

Chiuse le indagini sulla Ceraver e sui presunti mediti compiacenti. Alleggerite le accuse al professor Manzini

Militari della guardia di finanza  (foto di repertorio)

Militari della guardia di finanza (foto di repertorio)

Monza, 31 maggio 2018 -  La Procura ha chiuso le indagini sul presunto giro di tangenti connesse all’utilizzo di protesi dell’azienda Ceraver in alcuni ospedali della Lombardia. L’avviso di conclusione è stato recapitato agli indagati stamane. Le indagini avevano portato all’arresto dei chirurghi ortopedici Fabio Bestetti, Marco Valadè e Claudio Manzini (e altri 9 medici le cui posizioni sono state trasmesse alle Procure di competenza), nonchè a quello del responsabile commerciale dell’azienda Denis Panico e del venditore di zona Marco Camnasio. Nel provvedimento a firma del Procuratore aggiunto di Monza Manuela Massenz, sono comparsi tre nuovi indagati; si tratta di Remì Charles Joseph Shimel, Philippe Cuisset e Daniel Balanqueaert, rispettivamente ex amministratore delegato, presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato dal 2016 della società francese di protesi. I tre sono accusati di aver avvallato il presunto corrispettivo in denaro, beni o utilità dato ai medici a vario titolo per utilizzare i loro prodotti, protesi e integratori.

 Nel provvedimento di chiusura delle indagini svolte dalla Guardia di Finanza di Milano e coordinate dal procuratore aggiunto di Monza Manuela Massenz, i chirurghi ortopedici e due dipendenti dell’azienda di protesi Ceraver restano indagati a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, per «essersi associati allo scopo di commettere delitti contro la Pubblica Amministrazione», si legge nelle carte, «corruzioni dirette a incrementare le vendite e i profitti, di protesi ortopediche della Ceraver s.r.l. alle strutture sanitarie private convenzionate con il Servizio Sanitaria Nazionale». La conclusione delle indagini indica quindi Denis Panico e Marco Camnasio, con il placet dei tre dirigenti francesi, quali promotori e organizzatori dell’associazione, in veste di reclutatori di medici disposti scegliere le loro protesi, offrendo come corrispettivo denaro e altre utilità. Ai medici di base coinvolti nell’indagine, sono confermate le accuse di aver percepito un «compenso fisso mensile e di una percentuale sulle visite effettuate» a fronte del reclutamento di pazienti da indirizzare ai chirurghi ortopedici. Camnasio è inoltre accusato di aver organizzato la distribuzione di un integratore da lui prodotto, corrispondendo «ai medici disposti a prescriverlo» sempre denaro e altre utilità. I chirurghi Fabio Bestetti e Marco Valadè, entrambi in servizio al Policlinico di Monza, secondo il magistrato si sarebbero attivati, quali semplici partecipatori all’associazione, per «convincere i colleghi ortopedici ad utilizzare le protesi Ceraver» contribuendo alla ricerca di «medici di base disponibili a reclutare pazienti», agendo con «atti contrari ai doveri di ufficio». Bestetti, si legge nelle carte, si sarebbe inoltre attivato presso la clinica convenzionata GB Mangioni Hospital di Lecco anche per «promuovere l’utilizzo di protesi Samo, vendute da Camnasio e Panico». Valadè avrebbe invece sponsorizzato l’integratore prodotto dal venditore Marco Camnasio. Claudio Manzini, medico chirurgo responsabile del reparto di Ortopedia e Traumatologia della Clinica Zucchi di Monza, resta a sua volta accusato di aver preso parte alla corruzione ma derubricata a «corruzione per atto d’ufficio» relativamente l’uso delle protesi, mentre di aver agito per «atti contrari ai doveri d’ufficio» nel prestarsi per le visite negli ambulatori dei medici di base o di per avervi inviato medici del suo staff, allo scopo di reclutare pazienti «per ulteriori cure e per eventualmente sottoporli ad intervento chirurgico».

 «Ci conforta che la stessa Procura, già all’esito delle indagini, abbia chiarito come il dottor Manzini abbia sempre operato perseguendo l’interesse e la salute dei suoi pazienti, come emerge dalla derubricazione di un capo centrale dell’accusa». Sono le parole dell’avvocato Lucilla Tassi, difensore insieme al collega Claudio Schiappino, di Marco Manzini,