Incidenti sul lavoro, troppe vittime: "Fermiamo questo stillicidio intollerabile"

lacrime, ricordi e ferite aperte nel recital di Pier Giorgio Cantù

I genitori di Davide Martis

I genitori di Davide Martis

Monza, 23 aprile 2018 -  «Io non volevo ucciderti, ma mi hanno tolto due pezzi. Servivano a garantire la tua sicurezza». E’ la macchina che parla, quella che 10 anni fa ha stritolato Davide Martis alla Sampla Belting di Agrate, un mostro d’acciaio alto cinque metri che trasformava la gomma in nastri trasportatori. E’ stato il brano più toccante di Safety Blus, il recital di Pier Giorgio Cantù dedicato ai morti sul lavoro in Brianza. Venerdì, in platea, all’auditorium Rigoni Stern, c’erano le famiglie costrette a «vivere con questa croce nel cuore». Per raccontare il dramma dell’operaio 34enne, l’artista ha scelto il punto di vista di quei maledetti rulli da una tonnellata ciascuno che in un sabato di primavera del 2008 se lo sono risucchiato in un istante, come fosse un pezzo di plastica.

Commozione all’apice, poche ore dopo la notizia dell’ultima vittima. A Bellusco, stavolta: Antonio Limonta, finito sotto una taglia-laser nella ditta di famiglia. Nell’aria c’è rabbia. «Speravo che mio figlio non fosse morto invano – dice Salvatore Martis – abbiamo scritto un libro, organizzato tornei, incontri, ma le cose sono peggiorate». Insieme alla moglie Emilia condivide «un dolore difficile da raccontare».

«Appena mi sveglio vedo Davide, ce l’ho davanti agli occhi», aggiunge la madre. «Il tempo passa, ma il lutto no. Oggi avrebbe 44 anni, chissà come sarebbe». Domande, dubbi che costellano ogni istante della giornata. «Non siamo mai riusciti ad accettare il modo in cui se ne è andato». Accanto a loro sedeva Gabriella. La mamma di Marco Santamaria, il tecnico asfissiato alla Lamina di Milano con altre tre colleghi, a gennaio. Aveva 42 anni, una moglie e due figlioletti in tenera età. Faticano ancora a parlarne, la ferita è fresca. Stesso strazio per i parenti di Elio Franzi, il tecnico dell’Uquifa saltato in aria nella fabbrica chimica al confine con Carugate 17 anni fa.

E prima ancora, Livio Missaglia, l’operaio che non è più uscito vivo dalla Star nel 1972. «Sono passati quasi 50 anni, ma è sempre emergenza», dice rammaricato il sindaco Ezio Colombo. Da dieci anni organizza la commemorazione dei Caduti sul lavoro: «Ritengo sia un preciso dovere civico. Uno dei nodi fondamentali della battaglia che passa dalla memoria e dalla cultura. Non solo non possiamo dimenticare, ma dobbiamo ricordare».

La scia di sangue dopo una pausa forse indotta dalla crisi ha ricominciato ad allungarsi. Con Antonio Limonta le morti bianche in Lombardia dall’inizio dell’anno sono salite a 19. «Un bilancio straziante da azzerare», chiedono le famiglie toccate in prima persona, inorridite davanti a questi numeri. «Ogni volta che succede, si riapre la ferita - dice Emilia Martis – è uno stillicidio intollerabile per una società civile». Sullo schermo compare Davide in camicia bianca e cravatta azzurra. Il nodo alla gola strozza le parole, c’è tempo solo per le lacrime.