STEFANIA TOTARO
Cronaca

In Tribunale per una fiction. L’ex sindaco e l’ex assessore:: "Diffamati da quelle immagini"

Alla sbarra il prodotto satirico del centro sociale contro la Giunta del presunto malaffare. E la fantomatica regista appare solo con una voce registrata: "Io non esisto ma chiedo scusa".

In Tribunale per una fiction. L’ex sindaco e l’ex assessore:: "Diffamati da quelle immagini"

Alla sbarra il prodotto satirico del centro sociale contro la Giunta del presunto malaffare. E la fantomatica regista appare solo con una voce registrata: "Io non esisto ma chiedo scusa".

La fantomatica regista della fiction “Colpo di Grazia“, la cui presenza era stata annunciata dagli antagonisti, si fa viva fuori dal Tribunale di Monza, come era prevedibile, solo con un messaggio audio.

Mentre l’ex sindaco Dario Allevi e l’ex assessore alla Sicurezza Federico Arena spiegano in aula le ragioni per cui hanno chiesto complessivamente 170mila euro di risarcimento dei danni al processo per diffamazione. Questa la duplice rappresentazione andata in scena ieri all’ora di pranzo al Palazzo di giustizia monzese per il film antagonista a puntate del 2021 che attaccava la ex Giunta con una satira grottesca sul presunto malaffare dell’urbanistica.

A mezzogiorno un gruppetto di appartenenti al Foa Boccaccio si sono raccolti in presidio intorno a un banchetto dove spiccava il nome della regista del mockumentary, la sedicente svedese Skyler Grey.

Ma la donna è apparsa solo da una valigetta con una voce in inglese tradotta in italiano.

"Non un corpo ma un cuore al vostro fianco - ha detto - Questa è l’ultima occasione in cui presterò la mia voce per un progetto che vuole difendersi a testa alta in tribunale.

Skyler Grey forse non è mai esistita, o forse è tantissime persone, è tutti noi. Voglio confermare che Dario Allevi non è un corruttore e Federico Arena non è un assassino, ma qualcuno poteva essere tratto in inganno? Io non credo proprio.

Colpo di Grazia non è un film di inchiesta, non è un falso documentario, non è una docufiction. È una fiction noir, è un film non legato alla realtà. Rivolgo le mie scuse a chi si è sentito coinvolto, non volevo danneggiare la loro reputazione. Ma mi rattrista che abbiano presentato una denuncia, dimostrando la incapacità della destra di ridere su se stessa". In riferimento al "particolare allarme sociale" destato dal film che è stato evidenziato nelle denunce, Skyler Grey ha sostenuto che a destarlo dovrebbe essere "una città tra le più inquinate, con una criminalità dilagante e un fiume che esonda" e ha invitato a sostenere la campagna 170K, che "non è una raccolta di fondi ma una campagna di opinione. Non stiamo raccogliendo soldi perché siamo convinti che saremo assolti". All’interno del Palazzo di giustizia, poco dopo, è entrato nel vivo il dibattimento che vede imputati solo i due tecnici che sono stati identificati per avere diffuso il film sui social e sul canale Youtube. Due ragazzi che ieri erano presenti davanti alla giudice Roberta Russo e che sono difesi dagli avvocati Mauro Straini e Eugenio Losco. Presenti anche l’ex sindaco e l’ex assessore alla Sicurezza, che si sono costituiti parti civili con gli avvocati Attilio Villa e Carlo Cappuccio. "Il film è stato annunciato con una locandina, affissa anche abusivamente sui muri della città, dove si vedeva la sagoma di un tizio con le mie fattezze e una mazzetta di denaro e che aveva scritto il mio nome - ha spiegato Allevi - L’ho ritenuta diffamatoria e dissacrante nei miei confronti. Il film poi è stato peggio della locandina: io rappresentato tremante con il Parkinson, con un legame con una mia collega e un altro che commetteva un omicidio. Faccio politica da tanti anni e non ho mai avuto problemi con nessuno, invece in quel periodo ho dovuto dare spiegazioni politiche e anche familiari.

C’erano immagini che riprendevano luoghi tipici di Monza, si parlava della città di Teodolinda, la fascia da sindaco aveva uno stemma analogo a quello reale, anche il mio ufficio e le comparse erano molto simili. Un personaggio aveva una collanina che il collega Arena porta da sempre. Non c’erano dubbi che fossi io".

Anche l’operazione immobiliare in via Gallarana al centro del film "era in corso, ma io non mi sono mai occupato personalmente di urbanistica, era un compito affidato agli appositi uffici". Poi è stata la volta di Federico Arena. "Anche io mi sono sentito riconosciuto, c’era il mio nome sulla locandina, il personaggio che mi rappresentava aveva un fazzolettino verde al taschino dell’abito e io sono stato eletto nelle fila della Lega nord, oltre alla collanina che porto da sempre che era chiaramente visibile - ha spiegato l’ex assessore monzese - Mi ha fatto sentire a disagio il fatto di venire rappresentato per l’omicidio di un espropriato commesso per piaggeria e mi sono sentito fortemente danneggiato dal punto di vista morale perché allora avevo 24 anni ma con il mio operato ho superato i dubbi per la giovane età e invece nel film sembravo lo stupido e servizievole del sindaco".

Si torna in aula a febbraio.