Fallito per colpa dello Stato, a Bruxelles per chiedere aiuto

Sergio Bramini al Parlamento Ue sui ritardi nei pagamenti statali

Sergio Bramini e Luigi Di Maio

Sergio Bramini e Luigi Di Maio

Monza, 15 luglio 2018 - «Questa è la mia storia... per questo sono qua a chiedervi che anche voi facciate qualcosa per me e per tutti quelli che corrono il rischio ancora adesso di chiudere la propria impresa senza colpa, e soprattutto per quegli 8.050 imprenditori che si sono suicidati per questo motivo, perché nessuno ha badato a loro. Oltre che cittadino italiano, mi sento cittadino europeo e quindi vi chiedo ufficialmente di prendere dei provvedimenti, di fare in modo che chi ha chiuso non per colpa e ha perso tutto sia risarcito dallo Stato... lo Stato non si può trasformare da carnefice anche in aguzzino come ha fatto con me...: tutto questo perché ho voluto credere nello Stato, non licenziare i miei dipendenti... La piccola impresa è come una famiglia, li conoscevo tutti, avevano due o tre figli, ho tenuto duro, per me e anche per loro. E allora vi chiedo: per favore, fate qualcosa».

È un uomo provato, ma senza alcuna intenzione di mollare Sergio Bramini. L’ex imprenditore di 71 anni di Monza nel settore smaltimento rifiuti, costretto a fallire e sloggiato dalla sua casa nonostante gli oltre 4 milioni di euro di debiti contratti nei suoi confronti dalla pubblica amministrazione, l’altro giorno è stato invitato a parlare proprio di questo al Parlamento Europeo a Bruxelles. A chiamarlo fra i relatori al meeting della IMCO (Mercato Interno e Protezione dei Consumatori) sui debiti della Pubblica Amministrazione è stata una deputata di Forza Italia, Lara Comi. Costretto due mesi fa a trovarsi una nuova casa per la sua famiglia (moglie, tre figli e una nipotina), Bramini è stato nominato consulente del Mise, il Ministero dello Sviluppo Economico, su proposta del leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio. Obiettivo, mettere nero su bianco quella che lo stesso Matteo Salvini della Lega aveva chiamato la “legge Bramini”, per difendere gli imprenditori rovinati dai ritardi nei pagamenti da parte dello Stato.

«Martedì firmerò il contratto – spiega Bramini – ma sto già lavorando da settimane. Purtroppo, l’ostacolo principale è rappresentato dai vecchi apparati dello Stato...». Qualche giorno fa Bramini sembrava aver conseguito una grande vittoria, salvando dal fallimento diverse aziende siciliane e assicurando così il posto di lavoro a centinaia di dipendenti: era riuscito a far certificare infatti i crediti che alcune imprese avevano nei confronti delle A.T.O. siciliane. Lo stesso sistema perveso che a suo tempo aveva fatto fallire proprio Bramini. Fra le aziende salvate grazie alla mossa di Bramini, anche Grazie alla mossa di Bramini, un’impresa di Catania con 700 dipendenti che dalla pubblica amministrazione siciliana attendeva 17 milioni di euro. Eppure, all’ultimo, «il curatore fallimentare – spiega amareggiato Bramini - si è rifiutato di certificare quei crediti mandando tutto a monte». Non è finita qui. «La battaglia più grande sarà quella per abrogare l’articolo 560 del codice di procedura civile, frutto della legge 119/2016 Renzi-Boschi, che consente ai curatori fallimentari di sloggiare immediatamente dalle proprie case chi è fallito, senza attendere neppure che l’immobile sia stato venduto all’asta, senza nessuna remora per la presenza di anziani, disabili, malati, bambini... anzi, proprio per liberare le banche da questi “ostacoli”. Nel giro di 6-8 mesi, se non si interviene ci saranno 500mila famiglie e all’incirca 2 milioni di persone che si ritroveranno in mezzo a una strada».