"Ho perso al gioco famiglia e soldi. Io, salvato da una telefonata di mia figlia"

Il racconto di un ex forzato dell’azzardo: 12 ore al giorno davanti al video: "Ho buttato oltre 200mila euro"

"Oggi è il 5.001 millesimo giorno che non gioco. Nel nostro club funziona come gli alcolisti anonimi, contiamo i giorni dall’ultima bicchima partita". È una storia di fatica e rinascita quella che racconta Michele, ex giocatore patologico.

Partiamo dall’inizio. "La mia Odissea è iniziata 20 anni fa, quando mi sono reso conto che da divertimento, il gioco era diventato un incubo in cui ero profondato. Sono rinato, ma prima è stato un inferno".

Perché? "All’inizio non te rendi conto, erano appena uscite le slot e trascorrevo la maggior parte del mio tempo in sale gioco e bar, li giravo tutti e mi rinchiudevo nell’illusione che lì dentro tutti i miei problemi si risolvessero".

Una vita rovinata. "La mia vita era diventata solo bugie. A casa, al lavoro, nella mia vita sociale. Ero sempre alla ricerca di soldi. Soldi per giocare, nell’illusione di riuscire a recuperare quelli che perdevo".

Quanto giocava? "Tantissimo, tutte le volte che potevo, anche 12 ore di fila. Subentrano meccanismi assurdi, ti convinci che ogni volta sei vicino alla vincita che risolverà tutti i tuoi problemi, ti convinci delle cosiddette “quasi vincite… per un pelo ci sono quasi arrivato, sarà per la prossima volta”. Invece è tutta un’illusione. Ti convinci che, se resterai fedele a una determinata slot, prima o poi ti premierà e così ti alzi all’alba per averla tutta per te. Certo, ogni tanto vinci davvero, ma non te ne rendi neanche conto, quei soldi non saranno mai abbastanza e i reinvesti immediatamente in una nuova giocata. Ho visto vincere grosse somme e perderle nel giro di pochi minuti, ogni vincita è solo un granello di un meccanismo perverso".

Quando ha toccato il fondo? "Nel 2012 mi sono trovato con le spalle al muro: arrivò l’ultimo stipendio, ma mi resi conto che non sarebbe servito a nulla. Avevo accumulato così tanti debiti e avevo chiesto così tanti prestiti che non mi sarebbe bastato neppure per una bistecca".

La famiglia? "Mia moglie mi aveva lasciato, probabilmente i problemi di coppia c’erano anche prima, ma il gioco fu la goccia che fece traboccare il vaso. Socialmente ero morto. Avevo un lavoro e una discreta possibilità di denaro che mi avevano consentito per anni di nascondere la mia patologia: senza andare a intaccare mai il conto di mia moglie, che per fortuna avevamo sempre tenuto separato dal mio".

Il lavoro? "Il mio lavoro mi consentiva di fare questa vita: prevedeva che mi muovessi molto sul territorio, senza i vincoli degli orari di un ufficio, ma questa libertà di gestire il mio tempo mi consentiva purtroppo di fermarmi a giocare ogni volta che ne avevo l’occasione. Fu a quel punto che decisi di togliermi la vita".

Cosa successe? "Inizialmente volevo impiccarmi, poi il desiderio di annullarmi in maniera anonima per sparire dalla circolazione e il ritegno che il mio cadavere fosse trovato e visto dalle mie figlie mi convinse a cambiare città: sarei andato nella grande e anonima Milano e mi sarei lanciato da un cavalcavia. Uscii di casa senza cellulare né documenti, girovagai per ore. Lo ricordo ancora, era il 28 dicembre. Vissi come un clochard per qualche giorno. Il Capodanno lo festeggiai in mezzo ai disperati sotto i ponti".

Successe qualcosa… "A salvarmi fu il desiderio di sentire per un’ultima volta le mie figlie al telefono, ne trovai uno degli ultimi a gestone, con una monetina riuscii a chiamare. E a parlare con una di loro. Riuscì a toccare i tasti giusti, a incoraggiarmi, a farmi capire che non tutto era perduto. Le promisi che sarei tornato".

E così andò. "La seconda fortuna fu quella di imbattermi in un gruppo di mutuo aiuto, capii che il problema del gioco non era solo mio e che avrei potuto aiutare gli altri. Da allora faccio il volontario".

I debiti? "In vent’anni ne avevo accumulati per oltre 200mila euro, non è stato facile, ma un passo alla volta sono riuscito a ripagare tutto. Per fortuna non sono mai arrivato a delinquere o a finire nel giro degli strozzini, ero riuscito ad arrangiarmi con banche e finanziarie, ma ci sono arrivato molto vicino. Con mia moglie, anche se siamo sempre separati, abbiamo recuperato un buon rapporto, soprattutto ho ricostruito quello con le mie figlie, ormai grandi, sposate e che mi hanno dato nipotini. Sono in pensione ma continuo a lavorare come volontario. Nell’associazione ci sono anche psicologi, perché hai bisogno di supporto per fare i conti con te stesso e con i tuoi demoni" .