Il Gran premio di Monza è a rischio ma l’allarme punta a salvare l’Aci

La legge Madia mette in forse la sopravvivenza dell’ente che paga il Gp

Il Gp di Monza

Il Gp di Monza

Monza, 20 gennaio 2018 - Monza e il suo Gran premio sono solo una scusa. Nobile, per carità. Ma soprattutto utile. Utile ad attirare l’attenzione su un problema molto più drammaticamente vasto. Che riguarda l’Automobile club d’Italia, ovvero l’ente che si è impegnato – con la benedizione del Governo e il sostegno economico di Regione Lombardia – a pagare i 68 milioni di dollari per mantenere il Gp d’Italia di Formula Uno a Monza fino al 2019 compreso. Ventidue milioni nel 2017 che Aci ha versato tutti insieme a marzo, altrettanti quest’anno, e gli ultimi 24 nel 2019.

Ma il nuovo anno è iniziato sotto i peggiori auspici. Con l’allarme sui conti. O meglio, sul rischio che Aci non sia in grado di pagare il contratto con Liberty Media per colpa di quello che è stato fatto passare come un errore del Parlamento, una svista nella Legge di Stabilità. In realtà non c’è alcun errore. Nella Legge di fine anno non c’è nulla che metta in discussione la possibilità di Aci di utilizzare le risorse del proprio bilancio per pagare il Gp. I problemi, semmai, sono iniziati due anni fa con la legge Madia che riguarda tutte le società a partecipazione pubblica, come Aci, i suoi club provinciali e le società ad essi collegate. Società che in buona parte non rispettano i requisiti della Madia (non raggiungono il fatturato fissato in 500mila euro o sono in perdita) e quindi andrebbero riorganizzate se non addirittura liquidate (con l’effetto collaterale dei lavoratori che, in molti casi sono stati assunti in maniera diretta e quindi non potrebbero essere riassobiti da Aci, dove invece si entra solo con un concorso). A meno che il capitolo Automobile club non venga escluso dai vincoli della legge Madia. Del resto è questo che la politica, in maniera trasversale, ha sempre promesso al presidente di Aci, Angelo Sticchi Damiani. Promesse che non si sono realizzate. Nemmeno l’ultima di prevedere lo scorporo nella Legge di Stabilità. E allora i vincoli restano. Compresa la disposizione secondo cui anche l’acquisizione da parte di Aci del 75% di quote di Sias (la società che gestisce l’autodromo di Monza) da Ac Milano, deve passare il vaglio dell’Antitrust e della Corte dei Conti. Che, ancora, non si sono espressi nonostante già la nuova composizione societaria sia avvenuta nel corso dell’ultimo anno. In ogni caso, anche se venisse bocciata e Sias tornasse nella proprietà dell’Automobile club di Milano, non verrebbe meno la possibilità di Aci di pagare il Gran premio. Le risorse ci sono. E sulla carta ci sarebbero pure nel caso in cui si dimezzassero gli introiti dalla gestione del Pubblico registro automobilistico. L’anno scorso il Pra ha portato ad Aci una plusvalenza di 70 milioni di euro. La colonna portante di un ente che ha 3mila dipendenti per meno di un milione di soci, senza contare le migliaia di dipendenti delle società collegate. E considerando che i soldi del Pra aiutano a coprire non soltanto i costi istituzionali dell’ente ma anche le perdite delle altre attività, a cominciare da quelle sportive come il Rally o la Targa Florio.

In questo scenario scenario si inserisce, poi, la scadenza del 30 aprile, data in cui vanno rifissate le tariffe del Pubblico registro automobilistico in maniera – dice la legge – non superiore alle tariffe attuali e tali da comportare risparmi per gli utenti. E se questo comportasse tariffe più basse, la plusvalenza per Aci diminuirebbe. Fino addirittura a metà? Fino a 35 milioni di euro? Una cifra che basterebbe a pagare il Gran premio. Ma, inevitabilmente, sacrificando altre attività.