Gianetti, salta l’accordo in extremis: si va dritti verso i licenziamenti

Dodici ore di serrata trattativa non sono bastate a trovare un’intesa: non ci sarà la cassa integrazione neppure quella “speciale“ di 13 settimane che il Ministero per lo sviluppo economico aveva auspicato

Dal 3 luglio i lavoratori presidiano la fabbrica che produceva ruote

Dal 3 luglio i lavoratori presidiano la fabbrica che produceva ruote

Ceriano Laghetto (Monza e Brianza) - Dodici ore di trattativa serrata non sono bastati a trovare un accordo in extremis per la Gianetti: scaduti i 75 giorni concessi dalla legge, si va dritti verso il licenziamento dei 152 lavoratori, senza nemmeno passare per la cassa integrazione. Neanche quella "cassa speciale" di 13 settimane che pure il Ministero per lo Sviluppo Economico aveva indicato come possibile soluzione. «Ieri mattina, all’inizio dell’ultimo incontro in Regione, l’Inps ci ha comunicato che la Cassa integrazione speciale indicata dal Mise non è applicabile per il caso Gianetti. Abbiamo perso settimane per trattare su un’ipotesi fatta che si è rivelata sostanzialmente inconsistente" -ha dichiarato, amareggiato Vittorio Sarti, segretario generale Uilm Milano e Monza e Brianza, lasciando il tavolo delle trattative poco prima delle 20,30 di ieri sera, prendendo atto dell’impossibilità di raggiungere qualunque tipo di accordo con l’azienda.

«Abbiamo chiesto anche due settimane di sospensiva per poter lavorare su una proposta alternativa dopo avere appreso dall’Inps della impossibilità di applicare la cassa speciale, ma non c’è stato verso. L’azienda si è sempre mostrata rigida sulle sue posizioni". Da oggi potrebbero partire le lettere che di fatto licenziano i lavoratori della Gianetti Fad Wheel e che però, secondo i sindacati, non dovrebbero riguardare esclusivamente i lavoratori di Ceriano Laghetto ma coinvolgere anche quelli di Carpenedolo, seconda sede operativa dell’azienda che ha cambiato fisionomia nel 2019 con l’acquisizione in terra bresciana.

Se non c’è accordo sindacale si applicano i criteri di legge per i licenziamenti e non è detto che i 152 con i requisiti siano tutti a Ceriano -hanno ripetuto più volte i rappresentanti dei lavoratori. Dando per assodato ormai che la fabbrica cerianese non riprenderà l’attività, c’è l’ipotesi concreta che alcuni lavoratori di questo stabilimento possano essere trasferiti a Carpenedolo. Insomma un clima di grandissima incertezza che avvolge i lavoratori della fabbrica cerianese, in presidio permanente dal 3 luglio scorso e che ieri avevano sperato fino all’ultimo che si potesse trovare una via d’uscita almeno un po’ più morbida rispetto a quel "niente" che è stato portato a casa dall’ultima riunione.

Le reazioni si misureranno questa mattina, nell’assemblea convocata per le 9,30 in cui i rappresentanti sindacali arriveranno a riferire quel che è accaduto in Regione e soprattutto quello che non è accaduto dal 4 agosto scorso, quando al termine dell’incontro con il Mise avevano avuto rassicurazioni dalla viceministra Alessandra Todde di una riconvocazione "ad horas", che invece non è mai arrivata fino al drammatico epilogo di ieri sera.