Famiglie stanche, profughi a rischio

Emblematico il caso di Lissone: dopo tre mesi di accoglienza, padre, madre e bambini resteranno senza tetto

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di Fabio Luongo

Sono stati ospitati e aiutati per tre mesi da due famiglie della città, ma tra 7 giorni rischiano di non avere più un tetto sopra la testa. Fuggiti dalla guerra in Ucraina, ora sono alle prese con i meccanismi del sistema di accoglienza italiano. Dal Comune intanto assicurano di stare lavorando a una soluzione alternativa in tempi brevi.

È la vicenda che vede coinvolta una famiglia ucraina di 5 persone, padre, madre e 3 bambini, originari di Rivne, che da aprile vivono a Lissone. A segnalare la situazione è una delle residenti che li ha ospitati fin dal loro arrivo nel nostro Paese, preoccupata del futuro dei cinque dopo l’1 luglio, giorno dal quale lei e l’altro lissonese che hanno sin qui aperto le porte della propria casa non potranno più continuare a dare una mano. "Io e il mio concittadino Emanuele De Lorenzo abbiamo accolto ad aprile una famiglia ucraina, lui ospitando dai primi del mese la mamma e i suoi 3 bambini di 2, 7 e 9 anni, io da subito dopo Pasqua il papà – racconta Alessandra Teruzzi –. L’abbiamo fatto col cuore, confidando nella collaborazione delle istituzioni. Ora, per ragioni economiche, la nostra disponibilità è quasi terminata, dall’1 luglio non potremo più farci carico di questa famiglia. A oggi però nessuno ha ancora risolto il problema del loro ricollocamento".

"Quando la famiglia è arrivata siamo subito andati a registrarla in municipio e abbiamo fatto tutti i documenti necessari. Solo che l’appuntamento per il permesso di soggiorno è stato fissato per il 27 luglio e così ora non possono accedere ai fondi della Protezione Civile. Il Comune ha dato 700 euro di buoni-spesa, ha fatto iscrivere i genitori ai corsi di italiano e ha inserito a scuola i bambini; qualche persona ci ha fatto arrivare dei vestiti e l’Armadio dei Poveri ci ha dato lenzuola e beni di prima necessità. Ma il problema adesso è l’alloggio. Abbiamo fatto presente più volte al Comune la questione e loro hanno interpellato la Prefettura. Finora però non ci è stato fatto ancora sapere nulla". Dal municipio la neosindaca Laura Borella assicura che "gli uffici comunali hanno preso in carico la situazione e stanno lavorando a una soluzione alternativa".

"Quando una famiglia ucraina fa richiesta di entrare nel sistema di accoglienza Cas ci facciamo carico di individuare la miglior soluzione possibile – spiegano dalla Prefettura –. Se la domanda viene presentata in un momento successivo all’arrivo in Italia cerchiamo di assicurare, ove ci sia la disponibilità di strutture idonee, la permanenza del nucleo familiare sul territorio dove già ha abitato. Noi ci interfacciamo con le famiglie attraverso i servizi sociali dei Comuni: quando riceviamo la domanda, insieme alla documentazione di assenza di mezzi economici adeguati a prendersi cura di sé, andiamo a cercare la soluzione abitativa più idonea".