Scrisse un post-choc su Facebook contro Segre: a Lissone il Consiglio "dimette" Meroni

La resa dei conti sul terremoto scatenato dall’ex sindaco e capogruppo leghista "Con la mia famiglia andrò nei luoghi della Shoah, dal Binario 31 ad Auschwitz"

Fabio Meroni

Fabio Meroni

Lissone (Monza e Brianza) - Il Consiglio lo ha simbolicamente dimissionato, a larghissima maggioranza. Ma la possibilità effettiva di lasciare o meno lo scranno nell’assemblea cittadina dipende solo e soltanto da lui: lui solamente può rassegnare le dimissioni. Cosa che però non sembra dietro l’angolo. Lunedì sera in consiglio comunale è andata in scena la resa dei conti sulla "vicenda Meroni" e sul terremoto che si è scatenato dopo il post pubblicato su Facebook dal capogruppo della Lega - nonché ex sindaco, ex deputato e consigliere provinciale - per contestare la presa di posizione pro-vaccini della senatrice a vita Liliana Segre, additata con un "c...o... mancava lei... 75190", dove il numero è quello che le fu tatuato sul braccio nel lager di Auschwitz. 

Un post che Fabio Meroni ha poi rimosso e per cui si è scusato, ma che gli è valso una pioggia di condanne senza sconti. Il centrosinistra lissonese con un ordine del giorno ha sollecitato Meroni a rassegnare le dimissioni dal parlamentino locale quale "atto di dignità e onore". Il documento è stato messo ai voti e approvato, ma non avrà effetti automatici sulla permanenza in consiglio del capogruppo leghista. E’ stato però la base per un confronto a viso aperto tra Meroni e le altre forze politiche. "Le parole scritte da Meroni sono state offensive, vergognose, inopportune - ha scandito Simone Ravasi, della lista civica Concetta Monguzzi Sindaco -. Non ci sono scusanti e vanno condannate. Altrettanto ignobili però sono state le parole offensive rivolte a Meroni (attraverso i social, ndr): condanniamo fermamente chi lo ha insultato". 

"Quelle parole sono state una ferita troppo grande - ha continuato Ravasi -. Non bastano le scuse pubbliche. La presenza di Meroni in consiglio è inopportuna". A chiedere le dimissioni anche la sindaca Monguzzi. "Utilizzare un numero come appellativo significa togliere dignità alle persone, è un oltraggio - ha sottolineato -. Le parole hanno un valore e non basta cancellare un post. Le istituzioni italiane si fondano sui principi della democrazia e dell’antifascismo: se si esce da questi limiti si esce dalle istituzioni. Le parole di Meroni hanno gettato discredito sulle istituzioni". 

"Ho usato senza rispetto un “numero“ di grande intensità simbolica - ha spiegato Meroni -: pensavo di creare così attenzione su concetti per me essenziali. Ho ottenuto l’effetto contrario: non si è parlato dei concetti ma di un’offesa alla comunità ebraica e all’umanità in generale, che in realtà mai ho inteso portare. Vengo da una famiglia antifascista e antinazista, sono da sempre federalista perché credo nelle libertà dei popoli. Non mi appartengono le logiche negazionistiche né quelle No-pass e No-vax. Proprio per questo però sento inaccettabile l’indottrinamento che stiamo vivendo sulla campagna vaccinale. Ho riportato la forza simbolica di quel numero per provocare una reazione sul tema della libertà di espressione e di scelta, che sento conculcata". 

"Insieme alla mia famiglia andrò nei luoghi della memoria della Shoah, partendo dal Binario 21 della Stazione Centrale di Milano fino ad arrivare ad Auschwitz - ha concluso -. Mi scuso con chi si è sentito offeso dalla mia evocazione, ma non mi scuso per i principi che intendevo difendere. Soprattutto non mi scuso con chi del mio sbaglio ha subito fatto strumento di sciacallaggio politico".