Estorsione a disabile: chiesti 3,4 anni

Direttore e vice di un super si facevano pagare con le minacce da un magazziniere con problemi psichici

di Stefania Totaro

"Non hai chiuso le saracinesche e abbiamo subìto un furto di merce del valore di 8.500 euro. Se non la ripaghi ti licenziamo". Questa la minaccia che il direttore e il vicedirettore di un supermercato di Paderno Dugnano avrebbero fatto nel 2014 a un magazzinere loro dipendente, un disabile psichico dalla nascita allora 33enne, residente a Muggiò, a cui avevano poi fatto conoscere un cliente del negozio che lavorava all’ufficio postale per ottenere un finanziamento. Il ragazzo, già vittima di soprusi e bullismo sul luogo di lavoro, dopo avere ‘saldato’ il debito, era stato licenziato perché aveva portato, su richiesta a suo dire degli stessi capi, tre birre fuori dal supermercato senza pagarle per berle insieme e un ‘casuale’ controllo lo aveva sorpreso senza scontrino fiscale dell’acquisto.

Ora il pm della Procura di Monza Alessandro Pepè ha chiesto la condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione ciascuno per i due imputati, entrambi quarantenni, accusati di estorsione in un processo davanti al Tribunale di Monza, dove la presunta vittima si è costituita parte civile. "Ho iniziato a lavorare al supermercato di Paderno Dugnano nel 2003, mi occupavo di scaricare e mettere negli scaffali la merce e delle pulizie - ha raccontato -. Mi facevano anche chiudere le saracinesche che non era mio compito e un giorno mi hanno detto che per colpa mia erano entrati a rubare televisori e altri apparecchi e che se non ripagavo il danno perdevo il posto di lavoro. Non volevo essere licenziato, per la paura non riuscivo più a dormire. Allora ho iniziato a pagare 100 euro al mese, poi mi hanno detto che la sede centrale voleva i soldi e mi hanno costretto a fare un finanziamento. Mi hanno fatto conoscere uno che lavorava alle Poste e mi hanno detto di dirgli che i soldi mi servivano per il dentista". Il 33enne era riuscito a ottenere un finanziamento di 10mila euro con l’apertura di un libretto postale, nonostante fosse già titolare di un conto corrente bancario.

"Volevo fare un assegno, ma il direttore e il vicedirettore, che faceva anche il macellaio nel supermercato, mi hanno detto che volevano i contanti. Mi mandavano quasi tutti i giorni in posta a prelevare 500, 1.000, 2.000 euro alla volta durante l’orario di lavoro e poi mi portavano in bagno o davanti alla macchinetta del caffè e gli consegnavo i soldi". "Gli hanno rovinato la vita, era riuscito ad avere miglioramenti con quel lavoro e ora invece è regredito di anni", ha detto il suo avvocato. Gli imputati negano l’accusa, sostenendo che il 33enne aveva iniziato a bere pesantemente e chiedeva sempre prestiti di piccole somme di denaro. I

l 27 gennaio la sentenza dei giudici.